Apple eccede e usa politiche umilianti nei controlli di sicurezza attuati sui dipendenti. È questo quel di cui si lamentano gli specialisti dei negozi della Mela in una lettera inviata a Apple Tim Cook e giunta sulla scorta di una class action partita diverso tempo fa.
Reuters si addentra nei dettagli della vicenda, riportando gli accenti stizziti e irati di alcuni dei lavoratori dei negozi, sulle policy che obbligano gli impiegati a sottoporsi al controllo borse prima di uscire dal negozio, pratiche definite come “imbarazzanti”, “umilianti” e “inquietanti”. Un dipendente, il cui nome è stato omesso dai documenti, ha scritto a Cook nel 2012 spiegando che i manager degli Apple Store «trattano “preziosi” dipendenti come criminali».
Cook ha risposto alle mail reindirizzandole ai responsabili delle risorse umane chiedendo: “È vero?”. Le risposte alle mail di Cook non sono state rese pubbliche ma vari messaggi sarebbero stati scambiati con alcuni dirigenti Apple, inclusa Denise Young Smith, vice presidente responsabile delle risorse umane. “Se è semplicemente un deterrente”, ha spiegato Smith, “deve esserci un modo più intelligente e rispettoso di affrontare la questione”. Il controllo delle borse dei dipendenti è una pratica comune nel mondo della distribuzione per impedire furti, benché molte aziende mascherino la procedura al pubblico eseguendo i controlli dietro le quinte o richiedendo alle persone l’uso di borse o buste trasparenti.
Dalla questione di principio e di dignità, si è passati alla questione economica: alcuni dipendenti hanno presentato una class action contro Apple nel 2013, reclamando il mancato pagamento del tempo perso nei controlli. In alcuni punti vendita ci sarebbero stati tempi di attesa tra i 10 e i 15 minuti non retribuiti alla fine di ogni turno solo per le perquisizioni; altri cinque minuti non sarebbero stati compensati per le pause pranzo.
Il caso è stato archiviato con decisione avente potenziale efficacia di giudicato (“dismissal with prejudice”) a dicembre ma i querelanti Amanda Frelkin, Taylor Kalin, Aaron Gregoroff, Seth Dowling e Debra Speicher hanno consolidato i loro casi e stanno cercando di ottenere il riesame chiedendo al giudice di concedere la cosiddetta “class certification” evento che potrebbe semplificare l’impugnazione della decisione.