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Alcune app Android per la salute femminile hanno diffuso dati personali senza consenso

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Esistono varie applicazioni per smartphone che ricordano agli utenti di gestire l’assunzione di farmaci, monitorano la qualità del sonno, contano i passi, le calorie e così via. Sono tante le app dedicate alla salute e al benessere, molte richiedono agli utenti la condivisione di dati personali, ma non tutte gestiscono questi dati con il dovuto rispetto.

Kasperksy riferisce quanto riportato alla conferenza 36C3, da Privacy International, organizzazione per i diritti umani, che ha condiviso i risultati di uno studio sulle app che aiutano le donne a prevedere le mestruazioni, a monitorare la propria salute sessuale e a pianificare le gravidanze.

Si è scoperto che alcune app hanno abusato della fiducia degli utenti e condiviso informazioni intime con Facebook e altre aziende. Due app esaminate, Maya e MIA, rispettivamente 5 milioni e 1 milione di download su Google Play, hanno trasmesso a terze parti informazioni sul benessere, sull’umore, sui contraccettivi, sui prodotti per l’igiene personale, sull’attività sessuale e persino dati personali, come l’indirizzo e-mail o l’identificativo unico del dispositivo. In poche parole Facebook e altri sanno esattamente cosa fanno queste persone e possono sfruttarle per mostrare annunci.

La pubblicità non è ad ogni modo la cosa peggiore: queste informazioni potrebbero influire sul costo di un’assicurazione; ma non solo: un potenziale datore di lavoro potrebbe scoprire una candidata pianifica una gravidanza e dare la preferenza ad altre donne. Una donna incinta potrebbe anche non essere ammessa su un volo internazionale e altre problematiche di questo tipo.

Le nuove versioni dell’app Maya e MIA non trasmettono più informazioni a Facebook ma quanto accaduto deve essere un campanello di allarme: riflettete bene con chi e perché condividete determinati dati. Se un’app vuole nostri dati sensibili, fate riferimento alla politica sulla privacy dello sviluppatore: questo potrebbe dichiarare apertamente che i dati saranno trasmessi a terze parti ma anche in assenza di una clausola specifica, se la policy è redatta in modo vago o incomprensibile potrebbe essere che gli sviluppatori stiano cercando di nascondere qualcosa.

“Non concedete più informazioni del necessario alle app”, spiega Kasperky, “pensate bene a ciò di cui hanno veramente bisogno e di cui possono fare a meno”. “Ciò non significa che dovete tornare all’epoca in cui si usavano solo carta e penna, basta essere consapevoli dell’improbabilità che tutte le informazioni che fornite alle app rimangano completamente private”.

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