Gli early adopter, si sa, hanno avuto il vantaggio di potersele godere più di tutti.
Però adesso pagano il pegno per questo: le cuffie di Apple, le AirPods, probabilmente il prodotto creato completamente dalla gestione Tim Cook di Apple che ha avuto il maggior successo commerciale sino a questo momento. Ma sono arrivate a fine corsa. Le batterie sono in esaurimento, soprattutto per gli apparecchi acquistati due anni fa, e in rete si inseguono le testimonianze di chi dice “le mie AirPods reggono la carica per pochissimo”.
Che fare? Il tipo di modello costruttivo di queste cuffie è tale che non è immaginabile alcun tipo di sostituzione dell’elemento della batteria, “affogato” nella plastica stampata a caldo. Unica soluzione: sostituirle. Intendiamoci: non è obsolescenza programmata.
È proprio un approccio facilmente prevedibile: le cuffie sono molto piccole, la dimensione degli elementi delle batterie è minuscola. Quelle delle cuffiette funzionano in modo efficiente solo perché si possono rimettere comodamente nella custodia e in questo modo ricaricarle un po’ ogni tanto. E l’elettronica gestisce questa ricarica nel modo ottimale. Ma c’è un limite a tutto. E quel limite sta nella chimica e nel modo con il quale le moderne batterie si esauriscono: dopo un tot di cicli.
Per le AirPods però non ci sono indicazioni di cicli di carica, quindi non ci sono quote di efficienza da misurare (la percentuale della capacità originale) e tantomeno è possibile quindi chiedere ad Apple una sostituzione gratuita se si pensa che il declino della vita delle batterie sia stato troppo rapido. Ma, secondo molti in rete, è proprio questo quello che sta avvenendo.
Le AirPods “stagionate” di prima generazione, forse sentendo che viene commercializzata una nuova generazione, esalano l’ultimo respiro e cantano come cigni che sanno di non avere più molte albe davanti a loro.
No, non va esattamente così. Però non va neanche bene. E, per chi ha comprato queste cuffie pensando di trovare apparecchi che avrebbero marciato senza problemi fino alla notte dei tempi, questo è un brusco risveglio e uno spiacevole bagno di realtà.
Quasi tutti gli esperti che avevano visto i primi esemplari usciti avevano ipotizzato che non sarebbero durate molto. Anzi, avevano anche parlato di come stesse cambiando radicalmente il modo nel quale pensiamo all’elettronica di consumo, con una forte enfasi sia su “elettronica” che, adesso, anche “di consumo”. E tutto sommati ci si potrebbe anche stupire del suo contrario, e cioè dell’idea che invece questi piccoli oggetti elettronici siano in grado di resistere due o più anni, perché con quelle minuscole batterie che si ritrovano c’era da dubitare che sarebbero mai riusciti ad andare così avanti.
Invece, in rete in questo momento, forse anche complice l’attenzione che viene riservata all’argomento per il lancio dei nuovi AirPods 2 (che qui a Macity abbiamo spacchettato e che proveremo nei prossimi giorni, anche se possiamo anticipare che a prima vista si comportano esattamente come i predecessori, almeno dal punto di vista della qualità del suono), si è cominciato a parlare molto della durata della batteria della cuffie di prima generazione.
C’è certamente da sottolineare che queste cuffie devono essere considerate come un investimento che ha un limite nel tempo. E quel limite non è l’obsolescenza – per cui come dice la parola si potrebbero ancora usare ma in realtà le funzionalità dei modelli successivi le rendono meno attraenti e funzionali – bensì è il limite del consumo di uno dei suoi elementi essenziali e insostituibili, cioè la fonte di alimentazione, ovverosia la batteria.
Pian piano, almeno secondo Apple – ma non solo secondo loro – il mondo degli apparecchi elettronici di consumo si trasforma in questo: un mondo di apparecchi che non sono riparabili e le cui componenti non possono essere sostituite. In caso di guasto oppure di normale consunzione di una o più componenti – come ad esempio la batteria, cosa che accade fisiologicamente appunto in due anni o poco più a quanto pare – non resta che sostituirle con un modello più recente.
Con buona pace dei collezionisti da un lato, di chi ama sfruttare una buona tecnologia a lungo senza doverla costantemente cambiare e di chi, infine, vorrebbe un’economia della decrescita serena anziché una corsa continua al consumo senza limiti.