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Whatsapp, Telegram, Messenger, Viber e gli altri servizi di comunicazione elettronica potrebbero dover pagare un pedaggio per poter continuare a funzionare, quantomeno in Italia. E’ quanto vorrebbe stabilire il Garante per le Comunicazioni nel tentativo di rendere “equo, proporzionato e non discriminatorio” l’uso delle reti mobili e dei numeri di telefono per i quali attualmente tali servizi non versano neanche un euro.
Nello specifico, l’AgCom vorrebbe imporre agli sviluppatori delle applicazioni un “obbligo a negoziare” il passaggio sulle reti con le società di telecomunicazioni, con il buonsenso da parte di queste ultime nel non tirare troppo la corda per non abbattere le app più fragili che, pertanto, potrebbero chiudere oppure semplicemente decidere di evitare il mercato italiano.
Il Garante sta anche valutando la possibilità di permettere alle app l’accesso al credito telefonico dei clienti in cambio di nuovi servizi a valore aggiunto, tra cui l’apertura di un call center in italiano e l’abilitazione della chiamata gratuita verso i numeri di emergenza.
Il problema da risolvere – si legge su Repubblica – è che questi servizi non sono sottoposti alla legge sulla privacy italiana. Le scarichiamo senza quasi guardare le autorizzazioni che concediamo agli sviluppatori perché per gli utenti sono di fatto gratuite, anche se in realtà dietro ci sarebbe un preciso modello di business che si basa sulla profilazione degli iscritti: in pratica ogni nostra azione viene monitorata per creare un identikit dei nostri gusti da rivendere poi ad altre aziende per fini pubblicitari.