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Adobe: ecco la nostra rivoluzione con Air e Flex

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àˆ un mercato in cui la competizione sta crescendo. Solo, è un mercato complicato da capire: perché è la convergenza delle applicazioni a cavallo fra computer e Internet. Facciamo un passo indietro: arrivano i personal computer, con le loro interfacce pensate per rendere più potente e semplice il lavoro delle persone.
Adobe in questa fase comincia a svolgere un ruolo significativo, grazie a software suoi (o di Macromedia, acquisita pochi anni fa) che rivoluzionano il modo in cui le informazioni digitali vengono realizzate o manipolate. Basta pensare ai Pdf, i documenti a formato portatile che oggi su Internet sono più di 250 milioni.
Oppure a Photoshop, il software per l’editing delle immagini che riprende le metafore della camera oscura e le porta a un livello non raggiungibile nella realtà  (il 90% dei creativi professionisti al mondo lo utilizza), oppure a Flash, la tecnologia nata per l’animazione “facile”, che è presente sul 98% dei computer del pianeta e che nella versione “lite” si sta diffondendo sempre più anche fra i dispositivi portatili.

Sono solo tre esempi, perché sarebbe lungo elencare tutte le applicazioni che la casa californiana ha raccolto nel pacchetto Creative Suite 3: da un certo punto di vista Adobe (che è la quarta software house “pura” al mondo, avendo superato i tre miliardi di fatturato annuo nel 2007 fiscale) ha superato Apple e Microsoft nel suo desiderio di creare un ambiente unico e integrato.

Ieri a Milano il responsabile per il sud Europa, Giuseppe Verrini, lo ricordava in un incontro con la stampa «ADobe da molti anni rivoluziona il modo in cui il mondo utilizza le idee e le innovazioni. Ha aperto e creato nuovi mercati, cambiando lo scenario”.
E Adobe è stata pronta a capire quale era il senso del cambiamento in atto adesso, quando al Personal Computer nato per la vita e il lavoro “solitario” offline, si è aggiunta anche Internet. Le applicazioni hanno lasciato spazio al browser Internet che in una prima fase si è occupato di fare da tramite fra il nostro computer e il mondo. Adesso, nota “l’evangelist” Mike Downey, arrivato direttamente a Milano da San Francisco per spiegare alla stampa italiana quali sono le novità  e le strategie di Adobe, c’è qualcosa di molto diverso che sta succedendo.

C’è un tipo di “ambiente” nuovo in cui la competizione sta montando. Microsoft cerca, con Silverlight (estensione del framework DotNet), di accaparrarsene come al solito il pieno monopolio: combatte la sua battaglia però pensando solo a Internet Explorer e poco più.
Anche Google ci prova: dopo aver reso uno standard l’Ajax, cioè quell’insieme di linguaggi necessari a far “girare” le applicazioni del Web 2.0 nel browser, adesso con GoogleGears (richiede Firefox) vuole fare il salto di qualità . E la stessa cosa sta pianificando la fondazione Mozilla, che lavora anche lei al suo progetto di plug-in da destinare a Firefox per rendere il browser l’epicentro di applicazioni nate e pensate per lavorare sia in rete che fuori dalla rete: facili da programmare come pagine web, interattive e “invitanti” come i migliori software.
La stessa Sun Microsystems, l’azienda che aveva lanciato venti e più anni fa Java (cioè un ambiente unico che gira su macchine virtuali – JVM – su computer diversi) adesso vuole tornare alla conquista del desktop, anche se Microsoft li ha già  bloccati tre o quattro anni fa realizzando la JVM per Windows che è parzialmente incompatibile con le altre macchine virtuali sui sistemi della concorrenza). Infine, la stessa Apple (che avrebbe tra le altre anche la tecnologia WebObjects) ha un paio di pezzetti fondamentali di questa strategia: QuickTime e soprattutto WebKit, il “motore” html attorno al quale ruotano le aspettative e le strategie di molti. Senza contare che con iTunes la casa di Cupertino ha anche anticipato il tema delle applicazioni multipiattaforma che si collegano a Internet incorporando il motore web al suo interno.

Veniamo ad Adobe: l’azienda ha ben chiaro il suo mercato. Creativi e realizzatori di siti web. Una parte significativa del mondo di chi fa codice, anche se in modo più “soft” rispetto ai programmatori che realizzano i sistemi più “profondi” per i computer. Però quello in numero maggiore e crescente. Oggi è più facile che ci sia bisogno di smanettare per realizzare una applicazioni-webcentrica con estetica e funzionalità  di buon livello piuttosto che scrivere qualcosa di complesso e “super-tecnico”, come fanno gli sviluppatori “hard” che frequentavano le scuole di informatica e le università  specializzate.
Programmare non è più fine a se stesso, ma legato ai linguaggi che anche gli artisti e i creativi multimediali devono saper dominare. Per questo Adobe, che fornisce la maggior parte degli strumenti canonici utilizzati in questo mondo ha lavorato alacremente per creare un mondo un po’ complesso e non benissimo comunicato sinora che adesso qui spieghiamo in modo si spera semplice e completo.

Cominciamo dalla base: nel terreno di queste nuove funzionalità  applicative ibride rete-computer, multipiattaforma (Mac, Pc, Linux, dispositivi mobili etc) si possono chiamare Rich Internet Application.
Devono essere belle, interattive, ricche, facili, avere bassi costi di sviluppo, essere trasferibili da un ambiente (sistema operativo) all’altro. Stanno nel browser ma funzionano come programmi.
Devono essere funzionanti anche offline. Insomma, dei programmi. Per realizzare questo tipo di applicazioni il browser non basta, serve un “quadro” in cui farle funzionare. Come la macchina virtuale di Java o i framework di MacOs X. Serve un ambiente “runtime”. Per Adobe si tratta di “Air”.
Questo è il nome del runtime che, una volta scaricato (non si interagisce direttamente, è come una delle tecnologie di base che si vanno ad installare nei sistemi operativi o i plug-in dei browser) permette di far funzionare queste nuove applicazioni studiate per funzionare e interagire direttamente a livello del sistema operativo in tutti i computer: Mac, Pc ed entro la fine dell’anno anche Linux, oltre alle periferiche mobili. àˆ l’equivalente (e compagno) di Ajax. Accanto ad Air ci sono sempre i client di Flash Player e Adobe Reader, che contengono le tecnologie necessarie.

Se Air è quanto serve installare sui computer di tutti per avere le applicazioni funzionanti, per programmarle è necessario un linguaggio. Si tratta di Flex, arrivato alla versione 3.0. Flex è particolare, perché * contenuto in Flex Builder * permette di proseguire il lavoro iniziato con gli altri applicativi della Creative Suite 3 e di arrivare ad esempio ad integrare quanto fatto in Flash e Photoshop sino a trasformarlo in applicazioni. Flex permette di usare le tecnologie server create da Adobe per fornire i vari tipi di servizi: LiveCycle, ColdFusion, FlashMedia Server, Flash Cast, Scene 7. “Gli sviluppatori internazionali sono molto eccitati per le possibilità  offerte da queste tecnologie combinate insieme”, spiega Downey. Ad essere spiazzati sono soprattutto gli sviluppatori “tradizionali”, avvezzi a lavorare secondo logiche e con nomi diversi. Chi invece ne trae vantaggio sono gli “sviluppatori creativi”, cioè i programmatori nati in ambiente grafico e web, che nel tempo hanno visto crescere il loro bisogno di interattività  e di novità  nelle interfacce e nelle attività  programmate per il web e per la scrivania dei computer.

La forza di Flex+Air è quella di unire infatti le tecnologie base di mondi diversi e non necessariamente legati al segmento “hard” dell’informatica: i linguaggi sono quelli dell’Html (WebKit di Apple è la scelta del “motore” web di tutte le applicazioni di Adobe e il motivo per cui, ad esempio, Steve Jobs ha realizzato anche una versione Pc di Safari), del JavaScript, dell’Xml, dei Css, degli ActionScript (che ricalcano e uniformano in questa attuale versione 3 il futuro di JavaScript) e le altre tecnologie Adobe. Il vantaggio è la flessibilità , facilità  e ricchezza di opzioni. Gli schemi per riuscire a realizzare le applicazioni non sono banali e richiedono di sicuro di “abbracciare per intero” le applicazioni e la filosofia di Adobe, che non nasconde l’ambizione di diventare una piattaforma a se stante, da appoggiare sopra i diversi sistemi operativi per raggiungere i risultati a prescindere dalla piattaforma.

Uno degli elementi caratteristici di Flex è il fatto di essere, compilatore compreso, del tutto open source. Adobe Flex 3 SDK è gratuito e “open”, Adobe Flex Builder 3 standard (179/69 euro se si acquista per nuovo o se si aggiorna) e Flex Builder Professional (519/229) e infine BlazeDS Flex Remoting and Messaging è gratuito e anche questo open source. Gli esempi di quello che si può fare si trovano già  da tempo a giro per la rete: qui ad esempio, oppure sul sito stesso di Adobe

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