Il papà delle GIF Stephen Wilhite, 74 anni, è morto la scorsa settimana a causa del covid. In pensione dai primi anni del duemila, vincitore anche di un Webby Lifetime Achievement, è uno di quegli esperti di tecnologia completamente sconosciuti anche a moltissimi addetti ai lavori che invece hanno realizzato alcune delle tecnologie più popolari di sempre. In particolare, Wilhite quando negli anni Ottanta lavorava per CompuServe, la grande azienda di connettività americana, aveva realizzato una “umile tecnologia” che in realtà è di una importanza cruciale.
La tecnologia è il GIF, o Graphics Interchange Format, formato di interscambio della grafica, che oggi viene usata per le reazioni, i messaggi, i meme, giochi e microanimazioni varie, ma che in realtà all’epoca di una internet infinitamente più lenta e a bassa definizione di oggi era diventato lo strumento principe per scambiarsi immagini che fossero anche compatibili con chiunque le prendesse. E questo prima che nascesse il web, cioè quando gli scambi avvenivano su BBS, forum e altri sistemi di scambio dati, inclusi i buoni vecchi floppy disk.
Wilhite, ricorda la moglie, è rimasto tutta la vita una persona umile, modesta e assolutamente “con i piedi per terra” nonostante avesse raggiunto livelli (e premi) di un certo rilievo e un buon successo anche economico. La sua creatura principale, però, è stato il GIF, pensato come strumento per lo scambio di immagini ad alto formato e alta risoluzione, è diventato un fenomeno internet ampissimo.
GIF si pronuncia “JIF”
C’è tra le altre cose un dibattito che va avanti da decenni su quale sia la corretta pronuncia della sigla. È una particolarità della lingua inglese, che ha regole di pronuncia piuttosto complesse e in alcuni casi decisamente ambigue, e affida spesso la decisione finale all’intenzione del “proprietario” di una parola. Succede ad esempio con i nomi propri, per i quali negli USA si considera “vera” la pronuncia scelta da ciascun portatore del nome.
E per le sigle che non hanno un uso condiviso come parola: per GIF, che in italiano si pronuncia con la “g” dolce, la pronuncia inglese potrebbe essere sia in questo modo (quindi trascritta da un americano come “jif”) oppure con la “G” dura (ad esempio di “grotta” o “gatto”). Spesso negli USA si dice “GHIF”, con la “g” dura, ma il creatore del formato nonché dell’acronimo ha precisato più volte nel corso della sua vita che invece il nome si pronuncia in modo corretto come “jif”, all’italiana per così dire.
Il lettore più giovane però a questo punto potrebbe farsi una domanda, legittima dal suo punto di vista (dato che probabilmente è nato dopo l’arrivo delle GIF stesse e quindi non può conoscerne la storia). Come mai, si potrebbe chiedere, le GIF sono diventate un fenomeno? Introdotte nel 1987 da CompuServe, appunto, sono un formato compresso lossless (con perdita di informazione) che aveva una importante novità: introduceva in modo intelligente l’uso del colore. Che negli anni ottanta e soprattutto nello scambio via modem tra computer di marche e con sistemi completamente diversi, era un vero e proprio problema.
GIF diventa rapidamente il sistema più flessibile e versatile, capace di funzionare con il suo formato “Run-lenght enconding” cioè RLE, la base per consentire agli utenti di home computer e personal computer di vedere le immagini, a prescindere che gli schermi fossero a colori, a toni di grigio (come i primi Macintosh, per esempio) oppure pienamente a colori.
All’epoca gli altri formati erano il PNG, che però era molto più complesso dal punto di vista implementativo di chi si trovava a sviluppare l’applicazione che avrebbe dovuto visualizzare le immagini sul computer del ricevente, e del nascente JPEG, ideale per la fotografia ma molto scomodo per tutti gli altri scopi. Ma il vero punto di partenza fu nel 1988. E fu merito di una scelta improvvisa ma rivoluzionaria.
Evviva Netscape
Il formato GIF divenne il vero formato per lo scambio delle immagini su internet quasi un decennio dopo, nella seconda metà degli anni novanta, quando Netscape decise di aggiungere il supporto al suo browser e addirittura di fare il proprio logo animato, una “N” con immagini di stelle che passano veloci, per dare l’idea della velocità di trasmissione dei dati su Internet, usando una GIF animata.
Se non ci fosse stata questa animazione in loop sotto gli occhi di tutti, non ci sarebbe stato il successo delle GIF. E il successo è dovuto al lavoro di Wilhite, che ne è l’inventore, assieme al team di produzione guidato da Alexander “Sandy” Trevor, che insieme hanno realizzato la versione 87.a del formato (appunto nel 1987) dotata di una caratteristica in più.
La possibilità di creare delle piccole animazioni compresse mettendo insieme uno dopo l’altro una serie di “frame” con un ritardo. Questa forma di animazione era la base paragonabile alle tecniche di animazioni più primordiali, tipo quelle usate da Walt Disney per i primi cartoon di Mickey Mouse ad esempio con Steamboat Wille.
Il resto della storia
A dire il vero c’è di più. Perché il contributo di Wilhite è stato quello di un padre, ma poi ci si sono messe varie altre circostanze. Dopo un infarto alla fine degli anni Novanta Wilhite era andato in pensione (e aveva iniziato a girare il mondo con la moglie Elizabeth o costruire i suoi plastici per trenini nella cantina adattata della propria villetta terratetto molto americana). Intanto CompuServe era andata in fallimento ed era stata comprata da AOL, che però aveva lasciato spirare il brevetto sul GIF, facendolo entrare nel pubblico dominio nel 1998. In questo modo l’arte, oltre a Netscape, se ne appropriò.
Uno dei primi fu Olia Lialina, un artista internet russo, vero pioniere del settore, che prese la tecnologia e la trasformò in un mezzo espressivo. Prima ancora che esistesse la parola “meme” o “virale”, Lialina e un pugno di altri artisti cominciarono a creare delle piccole immagini animate, con sequenze di 4-5 fotogrammi, che diventarono onnipresenti. Non c’era sito che non cercasse di scimmiottare questo approccio producendo le sue GIF animate, seguendo il lavoro di Lialina e Dragan Espenschied, tra gli altri.
Si creò una straordinaria subcultura di artisti molto più versati nella parte grafica che non in quella della programmazione (a differenza della scena delle demo per console e home computer dei primi anni Ottanta) che a cavallo dell’anno duemila cominciarono a produrre tantissimi tipi di arte interattiva basata sulle GIF. Il formato divenne mainstream, venne usato sempre più spesso grazie anche alla presenza di digitalizzatori che consentivano di prendere immagini da film e trasformarle in gif animate. E in un attimo, grazie anche a Tumblr (nato nel 2007) i meme divennero una cosa seria e le GIF animate una categoria a sé stante, un modo diverso di esprimersi.
Inventare oltre le proprie intenzioni
Se vogliamo una dimostrazione che un inventore sia una persona creativa, un creativo anche quando si applica in settori come l’informatica, la migliore spiegazione viene dall’esempio della vita e dell’opera di Wilhite. Certamente è stato il creatore del GIF e lo è stato in una maniera molto “ottocentesca”, lavorando alla sua idea a casa la sera e proponendola alla fine ai suoi capi per promuoverla.
E certamente non aveva nessuna intenzione o pensiero che ci fosse un mondo di meme, di creatività, di artisticità da far emergere: non stava creando uno strumento “per il resto di noi”, per i ribelli e i rivoluzionari. Tuttavia, è certo che anche l’opera dell’artista tradizionale, il romanzo o il dipinto per intenderci, va oltre l’intenzione dell’artista. La sua interpretazione sta nella mente di chi la fruisce.
E nell’epoca delle opere digitali e delle audiences partecipanti, questa capacità interpretativa non si limita alla semplice fruizione e ricerca di un significato, ma si basa anche sulla capacità attiva di rifunzionalizzare e dare un significato ulteriore alla creazione di un altro.
In questo senso, le tecnologie che abilitano l’espressività artistica sono a loro volta forme di arte. E quindi, il nostro Wilhite, di cui ignoravamo praticamente l’esistenza, è sostanzialmente un artista del Novecento che ci abbandona con uno dei più importanti successi planetari nel mondo dell’arte digitale.