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Addio a Seymour Papert, papà del Logo e pioniere della tecnologia nell’educazione

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La vita di Seymour Papert basterebbe per riempire la carriera di tre o quattro ricercatori di informatica. La sua scomparsa per questo è un momento triste per tutta l’umanità, che vede spegnersi una delle luci che hanno brillato con maggior fulgore nel settore critico dell’impatto delle tecnologie digitali nell’insegnamento a scuola. La chiave per la società del futuro è il modo con il quale educheremo i nostri figli e Papert è stata una delle figure cardine del nostro tempo.

Nato nel 1928 il sudafricano naturalizzato americano è scomparso il 31 luglio scorso nella sua casa di Blue Hill nel Maine, dopo una carriera che lo ha portato ad attraversare il mondo, diventare uno dei pionieri degli studi sull’intelligenza artificiale, poi creare uno dei più importanti linguaggi di programmazione – il Logo – che hanno aperto la strada a nuovi modi di insegnare l’informatica ai bambini, e infine collaborare a numerosi progetti tra i quali l’OLPC, il computer portatile a bassissimo costo immaginato dal Media Lab del MIT di Boston, dove Papert era professore e direttore dell’Artificial Intelligence Laboratory (1967-1981) assieme a Marvin Minsky.

Seymour Papert con Marvin Minsky
Seymour Papert a sinistra in una foto del 1971 al MIT ritratto con Marvin Minsky, padre dell’intelligenza artificiale

Papert aveva studiato matematica prima nel Sudafrica della segregazione razziale (si è laureato nel 1949), aveva poi ottenuto un PhD sempre in Sudafrica nel 1952, seguito da un altro alla Cambridge University nel 1959. Come tutti gli accademici di razza la sua carriera lo aveva portato a spostarsi tra tutti i principali centri di ricerca e di studio del mondo da Cambridge all’istituto Henri Poincaré di Parigi, dall’università di Londra a quella di Ginevra. Dopo tanto girare, era arrivato negli USA nel 1967 per fermarsi al MIT, dove aveva incontrato uno dei suoi grandi mentori, Marvin Minsky, padre degli studi sull’intelligenza artificiale.

Papert aveva lavorato sulle teorie dell’apprendimento, cercato di attivare nuovi modelli di studio e di insegnamento avvicinandosi al pensiero di Jean Piaget, altro grande della ricerca sull’educazione e il modo di apprendere. Papert peraltro aveva lavorato a Ginevra con Piaget diventando uno dei suoi allievi prediletti. Dal Costruttivismo di Piaget (nel settore delle teorie sull’apprendimento) Papert aveva ricavato il suo “Costruzionismo”, una teoria dell’apprendimento che si appoggiava su un approccio fortemente multidisciplinare.

Il suo Gruppo di Ricerca sull’Epistemologia e l’Apprendimento all’interno del famoso e importantissimo gruppo del MIT chiamato semplicemente Architecture Machine (che poi sarebbre diventato il Media Lab reso popolare soprattutto dalla visione di Nicholas Negroponte) ebbe una importanza planetaria. Le sue teorie su come la scuola dovrebbe funzionare per consentire l’apprendimento migliore degli studenti sono tutt’ora la frontiera più avanzata del nostro pensiero in questo ambito.

La relativa giovinezza dell’informatica, la “computer science” degli anglosassoni, il “pensiero computazionale” per i ricercatori come Papert, ci sta permettendo di vedere ancora per un po’ di tempo la prima e la seconda generazione dei padri fondatori. Non c’è più Alan Turing (oggi avrebbe 102 anni) ma ci sono ancora molti altri grandi teorici e pratici delle varie discipine che chiamiamo genericamente “informatica”. Peccato accorgersene solo quando scompaiono.

seymour papert LOGO Turtle
La Logo Turtle creata da Seymour Papert

Papert, che per buona parte della sua vita insegnò all’università matematica applicata, anche se poi la sua ricerca si svolse a un livello di astrazione completamente diverso, si trovò a fare anche molte altre cose. A partire dal Logo, il linguaggio di programmazione pensato per essere insegnato ai bambini come vero e proprio linguaggio espressivo per insegnare a pensare in modo computazionale e risolvere problemi.

Il robot mosso dal Logo, visibile manifestazione del lavoro di astrazione e ricerca algoritmica, era la “Logo Turtle”, la tartarughina del Logo, che consentiva di eseguire e quindi validare i programmi creati dai bambini. Papert ha sempre pensato che il Logo sarebbe stato un linguaggio semplice per bambini ma capace di costrutti complessi adatti anche ai programmaori “adulti”. Tanto da lavorare poi nella fondazione che ha prodotto una serie di software basati e programmati in Logo.

Non c’era solo quella ricerca puramente accademica: la Lego aveva chiesto a Papert di lavorare alla realizzazione di un middleware per far funzionare i suoi giocattoli digitali intelligenti e Papert collaborò portando il Logo per la realizzazione del sistema di programmazione dei Lego Mindstorms. È stato uno dei successi più grandi di sempre della Lego: il nome è un omaggio al lavoro dello scienziato.

In più, Papert lavorò (assieme ad altri) alla realizzazione del visionario ma sfortunato (e mal gestito) programma OLPC, One Laptop Per Child, che doveva all’inizio portare i computer nelle mani di bambini dei paesi in via di sviluppo. Era la “Knowledge Machine”, lo strumento digitale di conoscenza che in molti tra i più visionari pionieri del computational thinking avevano visto come necessario per riuscire a smuovere miliardi di bambini senza altre possibilità di realizzare il loro potenziale.

seymour papert LEGO Mindstorms

La Childen’s Machine avrebbe dovuto consentire un salto di ben più che non di una generazione, ma il programma non riuscì mai ad arrivare a maturità per vari motivi, nonostante le intuizioni alla base (una macchina personale per ciascun bambino e non in un laboratorio, con un sistema operativo alternativo, open e programmabile, fatto meglio di quello di Microsoft) ci fossero tutte.

Soprattutto, un costruttore asiatico, la taiwanese Asus, vide negli OLPC un fantastico laptop sottopotenziato da vendere a basso o bassissimo costo ai bambini e soprattutto agli adulti ricchi (o relativamente ricchi, rispetto a indiani, africani, brasiliani) dell’Occidente.

Fu la rivoluzione del NetBook, computer supereconomici che invasero l’Europa e gli USA all’inizio del 2007 e furono gli antesignani sia degli strumenti Post PC di Apple che dei Chromebook di Google, oltre che – per le dimensioni – della categoria degli Ultrabook derivati dai MacBook Air (anche se con un fattore di prezzo completamente diverso). La storia avrebbe potuto essere molto diversa, invece fu solo una alternativa agli allora costosissimi ma potenzialmente sempre più popolari computer portatili.

olpc
Tornando a Papert, il suo impatto fu enorme, la sua eredità è gigantesca. Fu lui, per dire, a influenzare il giovane Alan Kay che ragionava sul concetto di Dynabook, che poi è l’antesignano dell’idea di computer portatile ripresa da Steve Jobs e madre di tutti i portatili che oggi abbiamo in mano. Minsky ha definito Papert uno dei “più grandi educatori per la matematica” mentre con la sua terza moglie, la professoressa del MIT Sherry Turkle, Papert ha scritto uno dei paper di ricerca più influenti, cioè “Epistemological Pluralism and the Revaluation of the Concrete”.

A seguito di un incidente avuto quando aveva già 78 anni, che ha portato a una operazione per eliminare un ematoma nella scatola cranica, e poi della setticemia derivante da questa operazione che ha portato alla sostituzione di una valvola cardiaca, Papert ha dovuto passare un lungo periodo di riabilitazione, aiutato da un team che ha lavorato su di lui con alcune delle tecniche di appredimento esperienziale che lo studioso aveva concettualizzato decenni prima.

La cosa più importante da ricordare di Papert però è l’impatto che il suo pensiero e la sua attività di ricerca hanno avuto per le teorie dell’apprendimento, dove ha potuto mettere al centro l’uso delle nuove tecnologie per l’apprendimento in generale, soprattutto all’interno delle strutture scolastiche. Da giovane, negli anni Cinquanta, quando viveva a Londra, fu anche una delle figure chiave attorno alla Socialist Review, la rivista nata attorno a un collettivo di ricercatori e intellettuali di sinistra.

seymour papert mindstorms

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