Non sapremo più quanti iPhone sono stati venduti. Gli analisti potranno fare delle stime, certo, ma i numeri esatti saranno un ricordo lontano. Ad annunciare questo cambiamento epocale nella strategia Apple è il direttore finanziario della compagnia, Luca Maestri, durante la presentazione dei risultati trimestrali.
A partire dal trimestre di dicembre, Apple non fornirà più dati sul numero di unità di iPhone, iPad e Mac vendute in quanto «Non riteniamo più che questi dati rappresentino il reale andamento della nostra attività». Quel che succede nell’arco di 90 giorni in termini di pezzi venduti, insomma, non sarebbe la cartina al tornasole di quel che Apple vale nella realtà «Non c’è alcuna correlazione tra le nostre entrate e il prezzo delle nostre azioni con il numero di unità vendute negli ultimi tre anni».
La causa che ha spinto questo cambio di direzione si legge proprio nei numeri dichiarati da Apple per quest’ultimo trimestre: le vendite di iPhone sono rimaste stabili a 46,9 milioni di pezzi (lo scorso anno nello stesso periodo aveva venduto 46,7 milioni di iPhone), ma le entrate generate dalla vendita dei telefoni sono aumentate del 29%.
Allargando il campo di visuale, le vendite di iPad sono diminuite, passando da 10.3 milioni di pezzi ai 9.6 milioni di unità vendute nell’ultimo trimestre (con un calo del fatturato del 15%). I Mac invece sono in calo del 2% (5.2 milioni di unità oggi, 5.3 milioni di unità lo scorso anno nello stesso periodo), ma hanno complessivamente registrato una crescita del 3%. Grazie poi all’aumento delle entrate nelle categorie Servizi (+17%) e Altri prodotti (+31%), i ricavi complessivi di Apple sono aumentati del 20%, passando da 52.5 miliardi di dollari a 62.9 miliardi di dollari dell’ultimo trimestre.
Apple insomma sta vendendo meno dispositivi, ma guadagna di più grazie all’aumento del prezzo delle singole unità. E guadagna sempre di più per i servizi connessi a queste singole unità. Per questo motivo preferisce quindi sottolineare il fatto che i ricavi aumentano, indipendentemente da quanti pezzi sono venduti. C’è da dire che la società di Cupertino non farà nulla di diverso dai suoi concorrenti: anche Samsung infatti non dichiara il numero di smartphone venduti. Ma per Apple il discorso è molto differente.
Se infatti Samsung, nonostante quel che si pensa, dipende più dal settore componentistica che dalle vendite dal numero degli smartphone venduti, mentre tutto il sistema di Apple si regge proprio sulla quantità di iPhone, iPad, Mac in circolazione. Più dispositivi ci sono, più servizi Apple propone ad un maggior numero di clienti. Ovviamente Apple, come sta facendo con successo (di bilancio), può provare ad aumentare il prezzo dei suoi dispositivi, aumentare il numero degli accessori e dei servizi e aumentare anche il costo dei servizi. Accettando però l’idea di contare solo su un gruppo ristretto e stagnante di clienti, finisce per indebolire i fondamentali del sistema cui affida la crescita che dovrebbe reggersi solo su un pilastro: il potere di spesa di quella nicchia cui ha deciso (o è stata costretta per calcoli di opportunità) di rivolgersi.
La paura degli investitori, quindi, è che tutto quel che sarà reso noto, fatturato e ricavi, non sia un elemento sufficiente per fare analisi a medio e lungo termine. Ora dovranno infatti affidarsi alle stime, spesso poco precise, degli analisti per avere un’idea grossolana di quanti iPhone e Mac sono stati venduti facendo mancante quei numeri che fino ad oggi consentivano di pronosticare con relativa precisione il recepimento delle innovazioni dell’azienda e quindi anche le prospettive future di profitto. Gli investitori sapranno, insomma, che negli ultimi tre mesi Apple è stata uno schiacciassi in fatto di fatturato e profitto, ma non avranno idea di cosa potrà accadere tra uno, due o tre anni, perché non saranno quanto è grande quell’imbuto da cui entrano i sassi, quando è grande il magazzino dove si trovano i sassi e quanto è lunga la strada dove vengono depositati i sassi..
Non stupisce che di fronte a questo annuncio molti investitori abbiano dato segno di insofferenza e che dietro al -6% di AAPL di oggi, a mercato ancora chiuso, non ci sia solo la guidance – le previsioni che apple fornisce agli investitori sul prossimo trimestre (ovvero sull’attuale che finisce a fine dicembre) – inferiore alle previsioni è un sospetto legittimo.