Il marketing, anche quello più chiassoso, becero o basato su stunt pubblicitari, porta sempre dietro di sé un po’ di verità. Nel caso di Microsoft la mossa di Satya Nadella, cioè inserire il tasto Copilot (motorizzato da GPT di OpenAI) per cavalcare la bestia dell’intelligenza artificiale sulla quale ha investito miliardi, è simbolico della fase due della strategia trasformativa dell’azienda.
Intanto, i nuovi computer che vengono venduti da Microsoft e da alcuni dei suoi partner, portatili e fissi che siano, vedono arrivare il nuovo tasto Copilot che si affianca e sostituisce le classiche finestre. È la prima volta da trent’anni che viene cambiato il layout delle tastiere del mondo Pc in maniera “ufficiale” da chi di fatto ne detiene il monopolio: l’idea di Personal Computer Ibm Compatibile è di Ibm, ma il controllo di tutta la baracca è di fatto di Microsoft.
Un simbolo per domarli tutti
La strategia di Microsoft è stata nel tempo geniale, come sappiamo (soprattutto chi ha investito nel titolo dell’azienda). Ha inventato l’idea di software come valore rispetto all’hardware, ha inventato l’idea di sistema operativo in licenza, ha consolidato il personal computer come strumento per la produttività e ha accentrato una serie di software, quelli di MS Office, che hanno blindato l’idea di cosa sia la produttività personale. Tutto questo tra gli anni Settanta e Ottanta. E poi ha fatto un lavoro enorme, negli anni Novanta, anche sul lato interfacce (Windows) e sul lato server, arrivando a costruire le basi di una fetta molto grande dell’informatica di rete.
Bersaglio mancato
Microsoft non ha capito bene la nascita del web, cioè del veicolo che alla fine degli anni Novanta ha avviato la rivoluzione di Internet, rimanendo ancorata all’idea di una rete proprietaria anche per i contenuti (MSN Network ed Encharta come modello di multimedialità). Ha rischiato di farsi molto male, dal punto di vista economico. È successo in buona compagnia (anche Apple era legata a una idea di computer “chiuso” o con una rete di contenuti proprietaria: Cyberdog basato su OpenDoc) e ha combattuto contro i primi grandi creatori e aggregatori di contenuti: AmericanOnLine o AOL.
Negli anni Duemila è iniziata una deriva, tra cause antitrust e perdite di quote di mercato, che poteva portarla a scomparire o quasi. Ma il cambio di leadership dell’azienda ha visto il testimone passare da Bill Gates e dal suo burattino Steve Ballmer all’uomo nuovo dell’azienda: Satya Nadella.
L’uomo delle nuvole e della pioggia
Satya Nadella, ex Sun Microsystems, era l’uomo del cloud. L’uomo delle nuvole che hanno fatto la nuova fortuna di Microsoft: l’uomo della pioggia. È stato Nadella che ha costruito negli anni duemila la potentissima rete di datacenter alla base di Azure, e lui quindi è stato scelto per traghettare l’azienda all’interno di una mentalità completamente diversa rispetto a quella con la quale l’azienda era nata. Ma non è bastato.
Apparentemente il cloud sembrava essere la risorsa per una rivoluzione che doveva dare potenza ai dispositivi mobili, dare capacità di archiviare e raccogliere i dati (con la potenziale strada dei Big Data e della Internet of Things, la rete delle cose) e infine rendere pervasivo il software con un nuovo modello di erogazione dei programmi che azzera il bisogno del download e dell’installazione in locale. Nadella però ha colto un’altra opportunità. Ha visto la AI.
Un giardino grande o un grande giardino?
Il ceo di Microsoft infatti è stato capace di “vedere” quello che stava accadendo nel mondo del software e capire dove stava potenzialmente andando la tecnologia. Lo ha fatto di rimbalzo, perché la strategia non era sua: è stata in realtà Google quella tra i big che più ha investito nelle tecnologie di machine learning. Ma l’innovazione non si può contenere o controllare per sempre: per quanto siano grandi i recinti della tua azienda, il talento può sempre crescere all’esterno. Questo, volendo, è uno dei peccati originale di Google, che con il suo approccio “a forza bruta” è diventata grande assumendo la quasi totalità dei neodottori di ricerca in informatica, cercando così di prosciugare il talento nella Silicon Valley e far morire di sete i suoi concorrenti reali o potenziali.
Alla lunga costruire uno steccato che contiene il mondo crea sempre il problema che un pezzo di mondo sfugge al controllo e nascono altri mondi, potenzialmente migliori. È quello che è successo sfruttando le tecnologie di intelligenza artificiale sviluppate da Google (il tensore) e che ha portato al successo notevolissimo di OpenAI, dove prima Elon Musk e l’imprenditore seriale Sam Altman (uno che nella vita ha imparato a fare e disfare aziende e startup, fondamentalmente) e poi lo stesso Nadella hanno avuto l’opportunità di mettere le mani su un pezzo della grandezza delle AI in salsa machine learning.
La scala mobile della tecnologia
Le due tipologie di tecnologia che Nadella ha saputo valorizzare, cloud prima e AI dopo, stanno sulla stessa traiettoria. Non è possibile ottenere la seconda senza la prima e la prima è stata resa possibile da una serie di innovazioni precedenti che la hanno abilitata e da altre che hanno a loro volta abilitato la sua crescita e quella delle AI.
La raccolta dei dati in quantità enorme, la potenza di calcolo per elaborarli e addestrare modelli, la velocità della rete per distribuire i risultati, la crescente potenza dei dispositivi in mano agli utenti che stanno decentralizzando e federando l’AI, tutto questo è stato reso possibile da una serie di evoluzioni che sono venute fuori a partire dagli anni novanta. Il primo seme, cioè la rete, e il secondo seme, cioè gli algoritmi di intelligenza artificiale, erano già noti e potevano essere sfruttati, dovevano essere solo essere messi in fila nel modo giusto, con tutti i pezzetti collegati. Come le cinghie di trasmissione e gli ingranaggi delle scale mobili, così anche le tecnologie fanno “click” e si legano assieme per avviare un processo che porta necessariamente al gradino superiore.
Il segno dei tempi
La cosa difficile, dal punto di vista imprenditoriale, è riuscire ad avere il tempismo giusto per salire su quel gradino quando è sufficientemente solido ma ancora abbastanza sgombro, e andare avanti, possederlo completamente o quasi. Microsoft con Satya Nadella l’ha fatto molto bene e i risultati vengono celebrati da un cambiamento epocale, un segno che poche persone hanno la capacità e l’opportunità di lasciare: cambiare il tasto di una tastiera che viene diffusa in miliardi di esemplari. A imperitura memoria (finché dura) della propria capacità di vedere e cogliere l’occasione.
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