Presto sarà possibile usare i dischi SSD come un sistema per memorizzare file d’uso più comune accelerando il sistema operativo e affiancando un disco a piatti magnetici. Ad aprire questa opportunità è un nuovo chipset denominato Z68 prodotto da Intel e in arrivo entro il mese di maggio.
La componente, studiata per supportare i processorei Sandy Bridge, funziona secondo un principio cui lavorano in diversi sul mercato: usare in abbinamento un disco con memoria allo stato solido e uno tradizionale così che mentre il secondo funziona in pratica come semplice sistema di archiviazione, il primo si comporta come se fosse una cache sul quale la “logica” del sistema operativo colloca il codice di più frequente utilizzo. Operando in questo modo si otterrebbe un significativo incremento di operazioni come rapido avvio e spegnimento, maggior velocità nell’apertura dei file e un generale miglioramento del comportamento della macchina. Insomma, tutto quel che si ha da un disco SSD ma senza perdere in capacità o veder crescere i costi in maniera esorbitante.
Intel con il chipset Z68 apre la strada non solo alla creazione di computer più evoluti per i suoi partner, ma anche offre a se stessa una importante opportunità. Alcuni giorni fa il colosso di Santa Clara aveva annunciato mini-dischi (per capacità e per dimensioni fisiche) SSD studiati proprio non per sostituire i dischi tradizionali ma per affiancarli.
Ricordiamo che nei giorni antecedenti il lancio dei MacBook Pro tra il profluvio di indiscrezioni si era ipotizzato che Apple potesse usare dei dischi da 8 o 16 GB accanto a dischi tradizionali proprio allo scopo di accelerare l’avvio del sistema operativo. La voce non si è poi materializzata, ma ora con lo Z68 il traguardo appare a portata di mano.
