Il Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea ha pubblicato una nuova relazione su tecnologia e democrazia che analizza l’influenza delle tecnologie online sui comportamenti politici e sul processo decisionale.
Quasi il 48% degli europei utilizza i social media quotidianamente e interagisce politicamente online. Poiché queste piattaforme sono soggette a un controllo pubblico e a una governance democratica limitata, il loro impatto potenziale sulle società è enorme.
La relazione rivela la pressione esercitata sulle fondamenta delle società democratiche dall’influenza dei social media e i loro effetti sulle opinioni politiche e sui nostri comportamenti. Delinea le principali sfide, come le piattaforme che sfruttano le informazioni raccolte sulle personalità degli utenti per catturare e mantenere la loro attenzione o che utilizzano tecniche comportamentali per incoraggiare le persone a partecipare e a condividere costantemente informazioni. Evidenzia che spesso gli utenti sono poco consapevoli dei dati che forniscono e di come sono utilizzati e che a selezionare le informazioni visualizzate dagli utenti online sono algoritmi complessi, spesso poco trasparenti e non compresi fino in fondo, che possono incoraggiare un discorso polarizzato o impedire di ricevere informazioni affidabili.
Inquietanti alcuni dati riferiti. Un algoritmo di Facebook, ad esempio, partendo da 300 “like” (mi piace) è in grado di individuare la personalità di un utente con maggiore precisione di quanto riuscirebbe a fare il proprio coniuge (qui i dettagli).
Questo dà adito a preoccupazioni per quello che in gergo si chiama “microtargeting”: la possibilità di creare annunci altamente personalizzati, indirizzati agli utenti in base alle loro personalità. Se usati politicamente, riferisce il Centro di ricerca della Commissione europea, questi meccanismi hanno il notevole potenziale di minare il dibattito democratico, il fondamento primario di una vera società democratica.
Altro punto di pressione indicato nella ricerca è “l’architettura delle scelte”. Le piattaforme social tengono conto di diverse tecniche comportamentali per incoraggiare costantemente le persone a “coinvolgere e condividere”, predisponendo – tra le altre cose – meccanismi che rendendo complicato abbandonare le piattaforme stesse.
Su piattaforme quali Twitter, Reddit e Facebook, gli algoritmi danno priorità a contenuti che portano, o si prevede dovrebbero portare, ad un livello di coinvolgimento molto elevato. Il rischio è quello di una sovraesposizione di contenuti polarizzanti e controversi, con la sottoesposizione di contenuti meno “emotivi” ma più informativi.
Organismi privati che gestiscono servizi online che tutti utilizziamo, sono diventati molto abili nel catturare e mantenere attenzione nei loro confronti, al punto che le nostre opinioni politiche e azioni possono essere “modellate” senza che l’utente si renda conto di ciò che lo sta influenzando.
YouTube, ad esempio, afferma che il suo algoritmo di raccomandazione dei video – con il quale vengono proposti automaticamente filmati ritenuti interessanti per l’utente – è responsabile del 70% dei filmati visionati sui loro sito. È dimostrato oltretutto che le raccomandazioni di YouTube portano gli spettatori a visualizzare contenuti estremisti.
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