Ely, Beppe, Dan e Gian ovvero Elisa Petralito, Giuseppe Romano, Danilo Alberto e Gianfranco Albis, il capo squadra. Sono i tecnici informatici del Politecnico di Torino che fanno parte della squadra che all’evento “A colpi di bit” ha preparato l’Amstrad CPC 464.
Albis non è nuovo alle sfide del retrocomputing: con Gabriele Seleri e Claudio Parmigiani un anno fa è stato tra i tecnici che si sono occupati della storica impresa della riaccensione dell’Apple I. «Un giorno del marzo scorso mi telefona Massimo Temporelli (che per BasicNet si è occupato dell’organizzazione della sfida), proponendomi la replica dell’evento “rinascita Apple I” dell’anno scorso – racconta Albis -. A me, francamente, l’idea non piaceva. Semplicemente perché mancavano le condizioni al contorno (come dicono i matematici!), il pathos, insomma l’aspettativa che avevano decretato il successo dell’evento dell’anno scorso. Decidiamo di incontrarci e valutare qualche altra proposta. Ecco allora che io gli propongo la sfida tra macchine di generazioni diverse. Facendo perno sull’Apple I che è del 1976 gli propongo di cercare una macchina di un decennio precedente e una macchina di un decennio successivo. Venti anni ma che nel campo informatico sono tantissimi. Allora prende forma la sfida. Massimo e io pensiamo immediatamente alla programma 101. Per la macchina più giovane non abbiamo ancora le idee chiare. Alla fine la scelta cadrà sull’Amstrad CPC. La sfida allora assume un’ulteriore valenza in quanto i contendenti sono un italiano, un americano e un inglese, insomma una “battaglia” senza frontiere!»
Come mai l’abbandono della squadra Apple? «Mi sono trovato obbligato a scegliere la “bandiera” sotto la quale combattere. La programma 101 è dominio degli eporediesi che possono schierare sul campo addirittura due dei tre progettisti. Non se ne parla nemmeno. L’Apple I è dominio dei milanesi che hanno “risvegliato” con me la macchina lo scorso anno. Non resta che per noi torinesi optare per la macchina più giovane, ovvero l’Amstrad, messa a disposizione proprio da un collezionista torinese, Giuseppe Di Vita . Ecco quindi spiegato perché “sono passato al nemico”. A questo punto la battaglia tra Italia, USA e UK si concretizza in un più campanilistico derby tra Ivrea, Milano e Torino!».
E così come compagni di squadra ha scelto dei colleghi. «Li ho scelti perché ho particolare fiducia nelle loro competenze. Una nota curiosa: Ely è più giovane dell’Amstrad. Quando l’Amstrad era già in commercio, lei non era ancora nata. Una bella sfida anche per lei. Io sono, immeritatamente, il team leader. Dico immeritatamente in quanto la mia formazione è prettamente elettronica circuitale e non di certo informatica. E poi, essendo anche il più vecchio della squadra, sono quel che si dice un “digital immigrant” e non un “digital native” come il resto del team».
Quali sono i problemi tecnici più grossi che avete affrontato? «Diciamo che non abbiamo avuto grossi problemi tecnici salvo il decesso di un monitor a colori (Amstrad ne ha uno dedicato che funziona anche da alimentatore) e il passaggio ad un monitor monocromatico a fosfori verdi. Sicuramente la macchina è più user-friendly rispetto all’Apple I. Addirittura possiede un registratore a cassette integrato per il salvataggio dei dati che però abbiamo deciso di non usare per far capire ai più giovani, abituati a dischi da svariati terabyte, quanto fosse difficile operare allora. Se scrivevi un lungo programma e alla fine non avevi modo di salvarlo, o se “saltava la luce”, dovevi ripartire daccapo! Eppure ci si divertiva quanto, se non di più, di adesso. Diciamo che è stata un’esperienza affascinante. Sicuramente chi ha trovato più difficoltà è stata Elisa che, come ho già detto, è più giovane dell’Amstrad e abituata a PC moderni».
La scrittura del software è stata impegnativa? «I software sono tutti assolutamente banali e constano di non più di quindici righe. Abbiamo fatto volutamente questa scelta per consentire l’inserimento del programma in tempo reale, col pubblico che segue passo passo le operazioni. Avremmo potuto stupirvi con effetti speciali, vale a dire cercare SW d’epoca già collaudato e funzionante (per esempio video game) ma abbiamo volutamente optato per la semplicità. Questo dovrebbe far capire ai più giovani le difficoltà che c’erano all’epoca. I programmi sono comunque scritti in Basic e talmente semplici che anche un “bracciante agricolo” come me è in grado di scrivere ed eseguire».