Alle volte sono le piccole cose quelle che fanno le grandi differenze. E sono anche una questione di stile. Prendete per esempio un super-manager nella difficile posizione di presidente di Sony, il colosso giapponese meno giapponese di tutti, che condivide le leve del comando con un gallese naturalizzato americano come Sir Howard Stringer e che deve ogni giorno muovere una corazzata da 41 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato sneza contare gli annessi e i connessi delle controllate.
Prendete insomma il buon Ryoji Chubachi, samurai del business di 60 anni, schiena dritta, sguardo fermo e posto in Sony dal 1977, cioè esattamente 31 anni. E guardatelo mentre al margine di un evento che si tiene in queste ore a Tokio afferma: “Non so se l’iPhone sia la risposta in tema di apparecchiature di prossima generazione per le comunicazioni mobili. Non è chiaro ancora come il mercato si dividerà fra telefoni mobili e apparecchi di prossima generazione”. E ribadisce: “Non faremo prodotti come l’attuale iPhone. Vogliamo trovare
le nostre soluzioni”.
Ecco, un manager così fa pensare che ci sia ancora speranza nel mondo del business in generale e della tecnologia in particolare. Orgoglio, voglia di essere innovativi e originali, creatività accompagnata a spalle larghe e schiena dritta. Nella Silicon Valley probabilmente non sono in molti quelli che si sono accorti di queste dichiarazioni, ma valgono come una affermazione di principio e come una costituzione di orgoglio e di buon giudizio. Noi di Sony andiamo avanti da soli per la nostra strada. Una rarità che è l’unica alternativa al business del copione. Ce ne fossero.