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Processo Apple Samsung: email di Google, profitti e avvocati che si fanno di crack

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Anche oggi si è alzato il sipario sul processo Apple/Samsung, che ha visto nuovi interessanti sviluppi su entrambi i fronti. Una delle carte giocate da Apple sono state le due email inviate da Google a Samsung, in cui Mountain View chiedeva esplicitamente ai designer dell’azienda Sud Coreana di modificare l’aspetto estetico dei suoi dispositivi, in particolare la linea “S”, che secondo Google erano troppo simile ai dispositivi della Mela. Un punto sul quale Apple ha calcato la mano, sfruttando così le stesse comunicazioni fra Samsung e Google per confermare l’eccessiva somiglianza fra i dispositivi coinvolti

Il focus di Samsung invece si è concentrato maggiormente sulle cifre riguardanti i profitti che l’azienda avrebbe ricavato dalle vendite dei dispositivi accusati di plagio. Secondo Michael Wagner, chiamato da Samsung a testimoniare, i profitti derivati dalle vendite dei dispositivi dell’azienda sud coreana inclusi nella disputa sarebbero calcolabili con un margine del 12% e non del 35.5% come sostenuto da Terry Musika, esperto chiamato da Apple. Questo calcolo porterebbe il potenziale danno causato da Samsung ad Apple ad una drastica riduzione, passando da 2.5 miliardi i dollari a 519 milioni di dollari, cifra consistente ma nettamente inferiore da quanto richiesto da Cupertino.

Il processo, vicino al suo capitolo finale, sta in ogni caso assumendo toni nervosi e poco distesi, soprattutto da parte del giudice Lucy Koh, che appare sempre più innervosita dalle continue e irragionevoli richieste delle due parti, tanto da reagire nella giornata odierna in maniera quasi scomposta verso Apple. Cupertino aveva infatti richiesto al giudice la testimonianza di altre 22 persone per contrastare le affermazioni di Samsung.

Visti i tempi ristretti, Koh ha apostrofato il legale di Apple William Lee dicendo “a meno che voi non fumiate del crack, dovreste sapere che questi testimoni non verranno mai chiamati”. «Le garantisco vostro onore, che non mi faccio di crack», è stata  la flemmatica risposta dell’avvocato di Apple che aveva davanti una lista di 75 pagine di nomi da chiamare a testimone.

Dalle ultime reazioni del giudice sembra che la pazienza di Lucy Koh abbia raggiunto il limite e che sia sua intenzione mettere fine al processo entro la conclusione della settimana, senza ulteriori prolungamenti nelle tempistiche previste.

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