Un giorno alla porta di Intel bussò Apple. Cupertino voleva un chip nuovo, costoso da produrre, pagarlo poco e averne una enorme quantità. Otellini aveva la tentazione di dire sì, ma finì per dire no. E ancora oggi si rammarica di quella decisione, perché se avesse fatto quel che gli diceva il suo istinto, ora dentro ad iPhone ci sarebbe un processore Intel. La storia, inedita ed interessante, di come Santa Clara ha commesso quello che è stato forse l’errore più clamoroso della sua più recente vicenda, è raccontata proprio da Paul Otellini, CEO dimissionario di Intel.
«In quel momento – dice Otellini a The Atlantic nel giorno stesso in cui abbandona la stanza che ha occupato per 8 anni – nessuno aveva neppure idea di che cosa fosse un iPhone e che cosa avrebbe fatto. L’unica cosa che sapevamo è che c’era un certo chip che interessava ad Apple e che volevano pagarlo una cifra ben precisa, non un solo centesimo in più. Quel prezzo era sotto il costo che avevano previsto e non era una di quelle cose che si sarebbe potuta produrre con volumi che avrebbero giustificato l’investimento». Per questa ragione gli inviati di Cupertino tornarono a casa con un no e presero la strada di Seoul dove Samsung fornì loro quel che volevano, al prezzo che chiedevano. Come è proseguita la storia lo sanno tutti: Samsung ha costruito centinaia di milioni di processori per i dispositivi mobili di Apple, ottenendo un enorme fatturato e trovandosi nella posizione in cui sarebbe potuta essere Intel.
«Ora con il senno di poi – aggiunge Otellini – posso dire che il costo che pensavamo fosse quello giusto, era in realtà sbagliato e il volume di produzione sarebbe stato 100 volte tanto quello che ciascuno di noi pensava. Ma ho imparato una lezione. Spesso amiamo circondarci di dati quanto parliamo, ma molte volte nella mia carriera ho finito per prendere decisioni basandomi sull’istinto e anche in quella occasione avrei dovuto farlo. Il mondo sarebbe stato molto diverso oggi», ha detto con l’aria di chi ha un buon motivo di rammarico.