Il discorso è complesso, e vederlo da un solo angolo non può rendere il problema nella sua completezza. L’informatica è in effetti uno strumento meraviglioso che permette di fare cose mai fatte prima. Rende più veloce. Ma è anche un supporto per i dati, in questo senso una forma di estensione della nostra memoria, una protesi che consente di tenere in archivio e poi elaborare informazioni che altrimenti non saremmo probabilmente neanche in grado di conoscere. E questo è un dato di fatto.
Poi c’è l’altro aspetto, quello della sicurezza. Che si giri il discorso come si vuole, ma alla fine il punto rimane sempre quello. Microsoft ha un problema di sicurezza. In parte per una certa “leggerezza” e talvolta si potrebbe dire sbadatezza dei suoi programmatori. In parte perché ha fama di essere il monopolista di fatto e ci sono persone in rete con talenti enormi per la programmazione che non vedono l’ora di di dimostrare ai loro pari quanto sono bravi (oppure di fare soldi, oppure di sconfiggere l’Impero del male). Infine, perché mantenere la compatibilità con il passato, generazione dopo generazione di prodotti * spesso con arbitrari cambiamenti che più che altro giustificano l’acquisto di nuovi software o nuovi apparecchi più che aggiungere reali nuove funzionalità di cui non si poteva proprio fare a meno * comporta un certo appesantimento. E il cielo solo sa quanto sia appesantito il sacco pieno di codice sia di Windows che soprattutto di Office. E mentre Windows una certa ripulita cerca di darsela con Vista, Office ha altri problemi.
In effetti, è proprio quella di Office la porta principale su cui adesso si basa buona parte del gioco aziendale di Microsoft: con la suite di prodotti si crea una rete di fatto di dipendenze. Se l’ufficio o il privato vuol essere sicuro che l’interlocutore al quale manda il documento lo possa leggere, lo manda in un formato Microsoft. E si procura il software di Microsoft se vuol essere sicuro che i documenti che arriveranno a lui siano comprensibili dal suo computer. Succede anche agli utenti Mac, per questo è importante che esista una versione MacosX di Office. Però c’è un problema grosso, che a Redmond non sono attualmente in grado di risolvere.
In pratica: Office è vulnerabile a una serie abbastanza ampia di debolezze (stiamo parlando di qualche decina di migliaia di attacchi diversi) che non dipendono dal codice di Office di per sé, ma dai documenti che questo apre. E alcuni di questi formati sono davvero obsoleti, antichi, arcaici e si possono trasformare in cavalli di Troia per pezzetti di codice mortale. E a Redmond hanno pensato di dover prendere decisioni drastiche, spartane.
Cos’è successo? Che un mesetto fa, con l’aggiornamento Service Pack 3 di Office 2003 è entrata in gioco una funzionalità che arbitrariamente rende incompatibili con Office 24 formati di file. A partire da Lotus 1-2-3, passando per Corel Quattro Pro, sino a numerosi file di vecchia data di Word, PowerPoint, Excel. Sino ad arrivare al formato standard di Word per Mac della suite Office 2004. Cioè quella corrente.
Microsoft ha cercato cioè di buttare via l’acqua sporca, ma insieme a questa, secondo molte voci che si sono levate in rete, ha gettato anche il bambino. Perché non solo non ha lasciato scampo a generazioni di file che attualmente vengono scambiate in rete quasi quotidianamente, ma addirittura lo ha fatto senza darne esplicitamente notizia. E questo ha provocato quattro settimane di crisi profonda per decine di migliaia di utenti che all’improvviso si sono trovati per le mani pezzetti di codice inutile, documenti illeggibili, incompatibilità prive di un motivo. E questo è stato un errore che solo Viral Tapara, un blogger “evangelist” di Microsoft basato in Gran Bretagna ha incidentalmente spiegato in un post, gettando dal panico alla rabbia questi utenti. Ma c’è un motivo più profondo.
à il motivo per il quale citavamo all’inizio di questo articolo la memoria. I pezzetti di informazione registrati sulla superficie magnetica dei nostri dischi, delle nostre chiavi di memoria, dei server che contengono all’interno di Internet la nostra posta elettronica, non sono più solo informazioni che devono essere processate. Sono pezzetti di memoria. Sono frammenti di noi, che rischiano quotidianamente di sopravvivere all’oblio della memoria fallace dell’essere umano e che Microsoft invece ha voluto arbitrariamente spingere di nuovo all’interno di questo circolo vizioso.
Perché stroncare per di più senza dire a nessuno la possibilità di accedere a un universo di documenti che hanno l’unica colpa di essere “antichi”? Perché sono pericolosi? Perché sono antichi e giustificano il fatto che altri utenti non comprino una nuova versione di Office, accontentandosi di quella di qualche anno prima?
In realtà esistono due soluzioni. La prima è usare un tool di Microsoft per editare il registro di configurazione di Windows (a proprio rischio e pericolo), oppure convertire a OpenXML con un altro pezzetto di software tutti in blocco – si chiama OMPM, Office Migration Planning Manager – gli archivi. Ma bisogna avere un Pc. E bisogna esporsi al rischio che la conversione faccia perdere allineamenti, strati di informazione, possibili dati critici.
Microsoft sta anche cercando di spingere il Office Isolated Conversion Environment, cioè un tool che permette a chi usa Office 2003 per Pc di convertire al formato OpenXML di Office 2007 al volo, giusto per una volta, temporaneamente. Microsoft sta cercando di rispondere a domande contrastanti, equilibrando il suo bisogno di imporre nuovi formati che costringano più persone possibili ad acquistare i nuovi prodotti da un lato e dall’altro di togliersi di dosso la nomea di azienda che non realizza prodotti sicuri. Il problema è che nella foga si dimentica di chiedersi cosa voglia davvero il cliente. O forse non se ne preoccupa più di tanto, perché non lo reputa sufficientemente maturo per sapere di cosa ha bisogno.