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Negli Usa il telefonino ucciderà  davvero il Wi-Fi?

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L’immagine mentale che abbiamo degli Stati Uniti alle volte viene da pensare che sia ancora più falsa di quella che la televisione ci racconta. Come spiegare altrimenti il morboso effetto di convincimento che pure un “originale” della tecnologia come John C. Dvorak ha nella mente dei suoi lettori?

La tesi è simile all’idea avanzata un po’ di tempo fa da un commentatore italiano. L’italiano diceva: sono trent’anni che i il movimento dei Verdi e venti che la Comunità  Europea vanno dicendo che bisogna fare qualcosa per l’ambiente, che bisogna cambiare il nostro stile di vita e i costumi delle nostre società . Non è mai successo niente. Poi, un giorno, quando come pare oggi gli Usa si convinceranno che dobbiamo tutti salvare l’ambiente, vedrete come ci cambierà  la vita: macchine a corrente elettrica, divieto di lasciare il motore acceso, palazzi eco-compatibili, stili di vita bucolici. Questo ci riserva il futuro.

A prescindere dall’avvedutezza e dalla fondatezza delle tesi del commentatore italiano sull’evoluzione delle politiche ambientali dopo il “risveglio” statunitense, c’è da dire che l’idea di fondo – cioè che quando gli Usa finalmente si accorgono di qualcosa allora il mondo cambia – non pare così peregrina. In particolare, gli Usa si stanno accorgendo che esistono i telefoni cellulari. Anzi, lo stanno scoprendo con un boom incredibile a cui ha assistito chi ha avuto modo di frequentare negli ultimi cinque anni il Paese-continente studiato tra gli altri da Alexis de Tocqueville. L’America, vent’anni dopo gli europei, ha scoperto il telefono cellulare.

Un segno tra i tanti non è solo l’esplosione delle reti Gsm-Gprs e il lancio di iPhone da parte di Apple, ma anche la nascita di qualcosa che in Europa non c’è: servizi, nuovi modelli di business, accordi tra operatori, tariffe flat per dati e voce (i famosi “minuti” che gli utenti possono utilizzare come pacchetti predefiniti). Insomma, gli Usa sono arrivati sul cellulare e adesso vogliono innovare.

Tanto che – si chiede quel vecchio volpone di Dvorak, se in un futuro molto vicino il cellulare non ucciderà  il Wi-Fi. Proprio mentre da noi si parla ad ogni pie’ sospinto di quanto sia buono e giusto avere delle reti Wi-Fi o meglio ancora Wi-Max che permettano di saltare completamente la rete di telefonia cellulare, senza renderci conto che né gli hot-spot liberi né altri strani sistemi tecnologici o ibridi portati avanti tra gli altri da Nokia possono in realtà  sostituire la capillarità  e l’efficienza di una rete radio dedicata e curata con apparecchiature industriali e non casalinghe e amatoriali.

Cosa succederà  allora? In un certo senso, Dvorak propone un paradosso della storia: quando l’Europa negli anni del boom della New Economy si sentiva forte e potente, aveva studiato la tecnologia Umts ovvero la terza generazione di telefonia proprio come killer dei nascenti standard Wi-Fi, allora rallentati dalla bassa velocità  dello standard 802.11b. Doveva essere il castigo verso un paese, gli Usa, che non è dotato di una infrastruttura coerente e che ha fatto di una necessità  virtù lanciando Internet proprio perché in grado di ovviare ai problemi di connessione attraverso il continente (in Europa la “punta eccellente” fu il sistema Minitel francese adottato per un periodo anche in Italia, basato su una infrastruttura molto più coerente e terminali dedicati che mortificavano però la creatività  del lato applicativo permesso dai protocolli aperti della rete delle reti).

E domani cosa succederà ? Si invertiranno le parti? Adesso che l’Europa pensa al Wi-Max come una arma letale per riuscire a colmare il digital divide del Vecchio continente, offrendo accesso a tutti in qualunque condizione (e rendendo meno ricchi i titani della telefonia mobile che hanno succhiato soldi a bizzeffe per decenni in situazioni che definire di cartello è quasi fargli un complimento), gli Usa rovineranno la festa lanciando servizi e sistemi di telefonia mobile in grado di vanificare qualsiasi altra forma di concorrenza da parte dei cellulari? Vedremo. Perché forse, questa volta, Dvorak potrebbe aver avuto un’intuizione davvero felice…

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