Il Razr non è bastato. Il telefono delle meraviglie, quello che dal 2005 ha accumulato 110 milioni di apparecchi venduti e rimesso i conti dell’azienda in pista (insieme allo scorporo della divisione semiconduttori diventata Freescale), non ha insegnato come capitalizzare il successo e adesso l’azienda ha chiuso l’anno con 1,2 miliardi di perdite e quote di mercato ridotte dal 23% al 13%.
Tirando le somme, anche dopo aver “bruciato” un paio di amministratori delegati nel processo, la conclusione alla quale sono arrivati gli analisti che consigliano i dirigenti della casa delle alette pare essere una sola. Vendere anche la divisione telefoni cellulari.
Il business di Motorola si ridurrebbe così alle attività di produttore di tecnologie e integratori di sistemi per le grandi imprese e le pubbliche amministrazioni. All’orizzonte potrebbe persino esserci l’acquisto da parte di una società cinese, proprio come è accaduto per la divisione Pc di Ibm, ceduta alcuni anni fa alla cinese Lenovo.
Tra le altre divisioni che l’azienda dell’Illinois ha già ceduto va ricordata anche la parte che si occupava di commesse per il governo americano, passata nel 2001 alla General Dynamics.
Se c’è una morale nella situazione economica nella quale si trova adesso Motorola non è tanto legata alle tecniche di gestione quanto all’endemica incapacità dell’azienda di fare tesoro del successo, accaduto in maniera abbastanza casuale appunto con il telefono Razr: anziché spingere sull’esecuzione e trarne tutti i vantaggi necessari a rimettere i conti a posto e stimolare la ricerca e sviluppo per creare altri apparecchi innovativi e di successo, l’azienda si è “persa” ed ha così perduto anche la capacità di mantenere il passo con la concorrenza e il mercato agguerrito della mobilità .