La notizia del giorno: Nedgame, catena olandese di rivendita dei videogiochi ha dissotterrato l’ascia di guerra contro Sony e ha deciso di non vendere la PSPgo nei suoi negozi.
Il motivo? Il fatto che il modello di business che Sony sta cercando di portare a compimento con la PSPgo (una nuova edizione dell’attuale PSP priva però di lettore UMD) è quello di vendere direttamente i giochi tramite Internet. Mossa sensata dal punto di vista dell’azienda nipponica, che così potrebbe eliminare i mediatori, ridurre i costi di stampa degli UMD e distribuzione, aumentando gli utili. Peccato però che i venditori di giochi non ci stiano.
Storicamente i margini sono legati alla vendita dei singoli giochi, non della console. Questo nonostante i prezzi elevati di alcuni di questi apparecchi, come la PS3 sempre di Sony, che comunque vengono quasi sempre venduti sottoprezzo o a guadagno zero. Il flusso di utili arriva con la vendita dei singoli giochi, appunto. Spostare questo in rete vuol dire far aumentare gli utili per chi fabbrica la console e vende i giochi in prima battuta, ma vuole anche dire mettere in difficoltà la grande distribuzione specializzata del settore. Blockbuster e Mediaworld probabilmente non si pongono neanche il problema, invece le catene come GameStop e Nedgame hanno tutta l’intenzione di non fare eccezioni e non far passare in nessun modo la rivoluzione del gaming online.
Si tratta di una inedita serrata, insomma, una protesta in cui i distributori boicottano le aziende di cui vendono i prodotti per non essere tagliati fuori. Secondo le fonti di Macity, la protesta olandese sarebbe solo un primo passo, una sorta di “Tea Party” bostoniano, ma le notizie delle prossime settimane dovrebbero portare molte altre adesioni anche in altri paesi tra cui l’Italia. A guidare le fila il colosso GameStop, che solo nel 2009 aprirà 400 nuovi negozi nei 16 paesi in cui è presente.