Le petizioni online si moltiplicano e coprono argomenti i più svariati e strani. Potenza della democrazia totale introdotta dalla rete: questa volta la petizione è relativa a una vicenda particolare: Ikea ha compiuto lo sgarbo del secolo e interrotto una tradizione epocale, cambiando il carattere tipografico del suo catalogo.
Cosa da poco, dite voi? In effetti parrebbe di sì: la richiesta di un pugno di matti – qualche migliaio in rete – sembra folkloristica. Eppure, di ragionamenti da fare ce ne sono. Soprattutto se vi occupate di “brand identity” oppure di creatività per la grafica e il design. Andiamo in ordine.
Ikea stampa il terzo libro con maggior diffusione del pianeta: il suo catalogo, che seppur localizzato in lingue diverse è in realtà basato su un medesimo modello per tutto il pianeta, è stampato in centinaia di milioni di copie e “piove” su altrettanti esseri umani (il primo è la Bibbia e il secondo è, a sorpresa, Harry Potter). Il catalogo Ikea sta addirittura diventando un problema ambientale, perché trasformarlo in qualcosa di diverso – una versione digitale o per ebook, ad esempio – avrebbe un benefico impatto sul pianeta e le sue risorse scarsamente rinnovabili.
In più, Ikea rappresenta per più di una generazione una via democratica all’arredamento e al design. Incorpora uno stile di vita che con gradazioni differenti è entrato nell’esistenza di molti di noi. Può piacere o essere disprezzato, ma lo stile Ikea è fortemente pragmatico, minimalista e utile. Utile in mille e più circostanze: quando serve un mobiletto poco impegnativo, quando bisogna metter su una libreria provvisoria o con poco investimento, quando c’è da tirar fuori una lampada o due seggiole da giardino.
Ecco allora che Futura – l’Ikea Sans, senza grazie, nella personalizzazione di Ikea – e Century Schoolbook – Ikea Serif, con le grazie, altra personalizzazione del colosso scandinavo – erano le dichiarazioni di principio da un punto di vista grafico [immagine a destra]. Con loro si creava una identità minimalista, classica, pulita, assolutamente in linea con la percezione e l’emozione comunicata dal brand scandinavo. E adesso? Adesso a seguito di una non troppo brillante idea, in un blitz estivo è stato deciso di cambiare il font tipografico del catalogo e, al posto di Ikea Sans arriva il Verdana, che è tutta un’altra cosa. [immagine a fondo pagina]
L’effetto è rumoroso, chiassoso, quasi volgare. Dalle geometrie del Futura disegnato da Paul Renner si passa invece a quelle di Verdana, font volgare e dalle forme arzigogolate, disegnato da Matthew Carter per Microsoft nel 1996 e utilizzato ampiamente per riempire quasi tutti gli strumenti informatici del colosso di Seattle: tanto da essere diventato quasi il font ufficiale della casa di Redmond. E, ovviamente, è uno dei pochissimi font ad avere un bug, cioè non riesce a visualizzare correttamente alcuni tipi di accenti in casi particolari. Bug risolto con Vista, ma tutto sommato ennesima brutta figura per gli uomini e le donne di Bill Gates.
Adesso, la mossa di Ikea, che in 60 anni ha costruito una reputazione come azienda super-solida, pragmatica e soprattutto molto, molto conservatrice e altrettanto minimalista, sta provocando un ammutinamento in rete. Lo stesso settimanale Time si è accorto dell’accaduto e il caso, nei prossimi giorni, è assicurato che non mancherà di far parlare di sé in rete e non solo.