Se è vero, come è vero, che ciascuna delle piattaforme ha pregi e difetti, punti di forza e debolezze note – non è certo il caso qui di riaprire una discussione su cui si sono spesi e si spendono tuttora fiumi d’inchiostro – e che pertanto in una grande azienda potrebbe aver senso differenziare il parco macchine in relazione ai compiti di ciascun gruppo di lavoro, è arcinoto che affiancare Windows, Mac e Linux in una rete mista può rappresentare un aggravio di costi non indifferente. Principalmente per un fattore: gestire client diversi vuol dire inevitabilmente scrivere codici diversi per ciascuno di essi.
Open Client Offering risolve il problema – sostiene IBM – con una strategia di compatibilità trans-piattaforma alla stregua della Java virtual machine: ciascuna singola riga di codice è in grado di operare su qualsiasi piattaforma, qualunque essa sia, indipendentemente dal sistema operativo installato sul client. Si tratta della Rich Client Platform (RCP): una tecnologia che renderizza ciascuna applicazione come se girasse nativamente sulla propria piattaforma all’insegna del motto che fu già di Java: “write once, run everywhere”.
Il che significa, tradotto in denaro, che i gestori di sistema delle grandi aziende avranno finalmente agio di operare una scelta alternativa a Microsoft intaccandone il dominio proprio sulla cruciale questione – remunerativa, assai remunerativa per Microsoft, ma onerosa per le aziende – delle licenze. Le compagnie, infatti, non dovranno più pagare Microsoft per operazioni che – con questa soluzione – non saranno più relative ai soli software della casa di Redmond. Per non parlare dei costi di gestione, manutenzione e supporto che vedrebbero in breve tempo diminuire i budget di spesa.
Abbattuti i costi legati alla moltiplicazione del codice che gestisce le piattaforme, Linux e Mac Os X avrebbero finalmente l’opportunità di crescere e diventare un’alternativa credibile a Windows. à precisamente quanto espresso da Scott Handy, vice presidente di IBM per il settore Linux e Open Source.
IBM non nasconde l’intenzione di intaccare il predominio Microsoft sulle grandi reti aziendali e per farlo intende iniziare da casa propria installando – inizialmente – il nuovo software sul 5 per cento della propria rete. Per farsi un’idea dei numeri, basti pensare che IBM ha qualcosa come 320.000 dipendenti sparsi in tutto il mondo. In questa fase iniziale saranno serviti anche i call center brasiliani ed europei, oltre – ovviamente – alle software house. L’attacco al gigante di Redmond non potrebbe essere più aggressivo, specie se si ricorda che la stessa IBM offrirà proprie applicazioni di office automation compatibili con Open Document Format come alternative alla suite Microsoft Office.
In questo scenario inedito Apple ha un’occasione storica: dimostrare che l’incomparabile facilità d’uso, le qualità tipografiche superiori, l’inedita gestione del colore che costituiscono i suoi indiscutibili punti di forza rendono la piattaforma Mac un prodotto vincente all’interno delle grandi aziende. Ora, è il momento.
[A cura di Fabio Bertoglio]