Le ultime settimane ha visto un’escalation di eventi che hanno portato Google sotto la luce dei riflettori, proiettando così lunghe ombre su alcune funzionalità del motore di ricerca di Mountain View.
Oltre all’acquisizione di Doubleclick, vista da molti come la prefigurazione di un futuro denso di noiosa pubblicità , le perplessità più consistenti si sono concentrate sull’inserimento della funzione Web History, vista come una vera e propria profilazione dell’utenza, con tutte le conseguenze per la privacy e la riservatezza dei dati.
Sentitasi catapultata sul banco degli imputati, Google ha pensato bene di rispondere (anche se indirettamente) alle titubanze generali con un post sul blog ufficiale, intitolato Perchè Google memorizza le informazioni sulle ricerche?; nel post si chiariscono le intenzioni riguardo alla politica sulla privacy, in cui è stabilito che Google renderà anonimi i logs dopo circa 18-24 mesi.
A sentire Google, le decisioni sono state prese tenendo conto di tre aspetti fondamentali. Innanzitutto la volontà di migliorare sempre più i servizi offerti; viene poi la necessità di mantenere un elevato livello di sicurezza, prevenendo truffe e abusi e, infine, l’ottemperanza a norme e leggi, nazionali e/o sovranazionali, sulla tutela dei dati e della privacy.
E’ forse quest’ultimo l’aspetto forse più interessante e controverso che coinvolge l’attività di Google.
Da una parte esiste una necessità pubblica, quella di tracciare i log e mantenerli disponibili per eventuali investigazioni pubbliche. Pensiamo solo ai dettami della Direttiva Europea sulla Conservazione dei dati, conseguente i sanguinosi attentati di Londra e Madrid. Parliamo quindi di un interesse sovranazionale, spesso differente da Stato a Stato, nei confronti del quale Google si sente particolarmente coinvolta, in quanto snodo fondamentale nella transizione di informazioni sul Web.
Per converso, esiste un interesse privato e particolare, cioè il diritto alla privacy e alla riservatezza dei dati degli utenti, che vorrebbero vedere tutelate tutte le informazioni sensibili (e non) che, volenti o nolenti, immettono nel flusso online ogni giorno. Parliamo non solo delle semplici ricerche effettuate tramite Google, ma anche l’e-mail di Gmail, le discussioni su Blogger, le consultazioni su Finance, e così via.
Il tutto mettendo la questione sempre nei classici termini ‘googleliani’: noi siamo buoni, dobbiamo rispettare le leggi da una parte e gli interessi degli utenti dall’altra.
Google spinge dunque sul doppio onere cui la società deve rendere conto: vedendola con gli occhi di Brin e Page, la loro ‘giacchetta’ sembra tirata verso destra dagli interessi pubblici e verso sinistra da quelli privati. Come dire: se la giacca si strappa è perchè c’è qualcuno che tira troppo da una parte e qualcun’altro che non molla dall’altra.
Tutto vero. Ma allo stesso tempo ci sembra che Google abbia imparato ad ‘accompagnare’ i vari ‘strattoni’. Se Mountain View si sente tirata troppo verso destra, si lamenta della cosa verso sinistra e viceversa. Stando nel mezzo, può appellarsi ai principi privati quando si sente schiacciata dalle esigenze pubbliche e fare altrettanto nel caso opposto.
Ecco quindi un’ottima posizione strategica, la migliore per poter dare un colpo al cerchio e uno alla botte, assicurandosi al contempo di avere sempre la botte piena. E la giacca mai sgualcita.