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Download musica illegale: un altro processo “del secolo”

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àˆÂ il processo del secolo. L’ennesimo processo del secolo. Opposti ci sono uno studente di poco più di venti anni, Joel Tenenbaum, e la Riaa, la potente organizzazione che si occupa di gestire i discografici americani. Argomento del contendere: il download illegale tramite Kazaa, Limewire e altre reti P2P di musica. Per la precisione, di ben 30 canzoni.

Uno scontro nel quale Tenenbaum aveva annunciato che avrebbe combattuto e si sarebbe difeso sino all’ultimo. Adesso, invece, nell’aula del tribunale di Boston dove partecipano alcuni dei più importanti docenti di diritto della università  di Harvard, come Lawrence Lessig, John Palfrey e Jonathan Zittrain, Tenenbaum ha alzato bandiera bianca. La miglior difesa è l’onesta e l’obiettivo è contenere i danni.

Così, il ragazzo ha ammesso di aver scaricato musica, di averla messa a disposizione di altri per la natura tecnica del funzionamento del suo network P2P, di aver mentito precedentemente dicendo che non era vero e di aver identificato gli screenshot della sua cartella condivisione, all’interno della quale “sonnecchia” l’inferno di 800 canzoni di dubbia provenienza.

Perché la mossa a sorpresa e apparentemente suicida? Come ha spiegato ai giurati che, insieme alla innocenza (improbabile) o colpevolezza (praticamente sicura) decideranno anche l’entità  dell’eventuale rimborso, per il giudice Gerner incaricato di seguire il processo c’è una gradazione da tenere presente.

Il rimborso previsto per i discografici può essere di 750 dollari come di 30mila, fino a punte di 150mila per canzone nel caso in cui si scopra che la colpa di Tenenbaum era accompagnata da un dolo esplicito, dal desiderio incontrollabile e privo di freni inibitori di violare in maniera spettacolare le legge sul copyright e il diritto dei titolari delle canzoni. E il desiderio di profittare commercialmente del download e successiva condivisione delle canzoni. Un’ipotesi nella quale gioca anche un ruolo la condotta processuale della persona indagata: se disponibile e pronta a confessare (nei limiti) le sue colpe, infatti, è probabile che i giurati si orientino verso il meno piuttosto che verso il più.

Il processo del secolo, uno dei tanti, prosegue. Per l’indagato rischia di essere il processo di una vita, visti i rischi di risarcimento connessi. Per le case discografiche, un altro potenziale cliente portato in tribunale e praticamente spogliato dei suoi averi. Sarà  interessante vedere come finirà  anche in questo caso, uno dei più di 15mila in cui la Riaa ha mandato lettere legali di diffida, citato in tribunale e poi, caso raro, non trovato un accordo extragiudiziale che ha forzato le cose in tribunale.

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