La lunga marcia della Cina per arrivare ad un Pc totalmente fatto in casa, che la liberasse cioè dalla necessità di dipendere dai paesi Occidentali per quanto riguarda le tecnologie più importanti nella vita digitale, prosegue a ritmi serrati. [Qui un riassunto delle puntate precedenti].
Cosa succede? A partire da alcuni anni fa – per la precisione il 2001 – la Cina si è decisa a lanciare un programma di investimenti per poter recuperare il divario tecnologico che la separava dal resto del mondo più industrialmente evoluto e che – tra le altre cose – è costato anche l’impero alla Russia comunista. Investendo massicciamente nella ricerca, creando una rete complessa di istituti di ricerca, attuando politiche di formazione all’estero dei suoi cervelli migliori e più giovani, cercando di cogliere le proprietà nello sviluppo delle varie tecnologie.
Fra queste priorità , una è stata senza dubbio quella relativa all’informatica, il motore per una nazione veloce e moderna. E per arrivare a capire cosa vare, dopo alcuni anni di studio, l’intuizione è stata duplice. Da una parte, affrancarsi dal sistema operativo del “nemico”, cioè Windows: far correre i propri affari economici, sociali e governativi – per tacer di quelli militari – su una piattaforma che potrebbe trasformarsi in un grande orecchio per il maggior avversario commerciale, la Superpotenza Usa, è un errore banale che i cinesi non hanno voluto correre. Quindi, la scelta è Linux, debitamente addomesticato e “tagliato fuori” dalla linea di sviluppo attuale.
Ma un altro settore, quello dell’hardware, è interessante: là è più difficile fare da soli. Perché se è vero che Hong Kong e i distretti tecnologici dove vengono prodotte moltissime delle meraviglie tecnologiche dei giorni nostri sono esternalizzate proprio in Cina, è anche vero che la tecnologia chiave – i processori – sinora è rimasta chiusa dentro i laboratori di Amd e Intel. Ovvero, in parte.
Altri tipi di processori, magari più antichi, sono di dominio pubblico, il materiale necessario a fare ricerca e sviluppo c’è e insomma, adesso che la Cina ha capito come fare, investendo miliardi di dollari (136 miliardi