Praticamente, un raid quotidiano, un assalto alla diligenza, un Far West in cui i pistoleri assaltano banche e uffici di cambio con la sola variante che i malviventi non hanno le pistole e i commessi dietro al bancone sono senza alette e mezze maniche e sono solo virtuali. Si configura in questo modo l’ecosistema “grigio”, ma forse sarebbe meglio dire, nero, che ruota intorno alle applicazioni pirata scaricate da siti che non sono App Store.
A delineare una situazione dove la situazione se non drammatica è, per lo meno, preoccupante per Apple stessa e gli sviluppatori è Toni Sacconaghi, analista di Bernstein secondo il quale oltre ai tre miliardi di download di applicazioni annunciati recentemente da Apple e che rendono l’idea dell’immensità del fenomeno iPhone e iPod touch, ci sono anche altri numeri che devono essere presi in considerazione, ad esempio quello che dice che il 40% degli iPhone usa applicativi piratati.
Stiamo parlando di quei programmi distribuiti illegalmente senza passare dall’App store, sui telefoni sprotetti con jailbreak e a rischio oltre che di pirateria anche di manomissioni e furto di dati sensibili (molto spesso sulla rubrica del telefono si registrano numeri come l’accesso al conto online o il pin della carta di credito).
Facciamo un passo indietro: l’analisi di Sacconaghi è più ampia e parte dai risultati che hanno fatto seguito all’annuncio dei tre miliardi di applicazioni scaricate: si tratta di una maggioranza di software gratuiti,c on un 13-21% – calcola l’analista – a pagamento. Il prezzo medio di una applicazione nel negozio di Apple è di circa 3 dollari. Secondo Sacconaghi il negozio di Apple guadagna, a partire dalla sua apertura a luglio 2008, una media di 60-110 milioni di dollari a trimestre. Il numero è tendenzialmente in crescita.
Dietro a queste cifre positive per Apple e soprattutto per l’enorme ecosistema di sviluppatori grandi e piccoli che possono partecipare al fenomeno iPhone e iPod touch, c’è un’ombra scura. La stessa piaga, spiega Sacconaghi, che ha colpito le industrie software, musicali, cinematografiche ed editoriali. Quella della pirateria. Sono gli stessi sviluppatori software a far notare che c’è un tasso di pirateria mostruoso. Delle oltre 100mila applicazioni disponibili sullo store (gratuite e a pagamento), la maggior parte può anche essere piratata e installata senza pagare sui telefoni con jailbreak.
Secondo le stime di Pinch Media, società specializzata in analisi di applicativi mobili, su un totale di 75 milioni fra telefoni e iPod finora venduti nel mondo, circa un 10% è stato “aperto” con software all’uopo, e circa il 40% utilizza, come accennato poco sopra, software pirata. Cioè, non software “indipendente” sviluppato fuori dal sistema di Apple, ma proprio applicazioni con patch che dovrebbero renderle utilizzabili su qualsiasi telefono (sostanzialmente in maniera analoga a come funziona il software pirata su Pc e Mac).
Alcuni sviluppatori hanno cercato di capire quale sia la percentuale tra software buono e pirata, mettendo sistemi segreti per fare in modo che l’applicativo comunichi segretamente con un sito web e dica se il telefono ha il jailbreak o no e se la versione del software è stata compromessa o no. Qui viene la pessima sorpresa: sviluppatori come Neptune Interactive e Smells Like Donkey hanno infatti scoperto che le copie dei loro giochi sono piratati nove volte su dieci. Cioè, a fronte di mille download ufficiali di giochi da 1,99 dollari come Tap-Fu, ci sono novemila copie pirata che nessuno paga. Il tempo necessario per realizzare una copia pirata sono 40 minuti.
Altre aziende sviluppatrici come Web Scout segnalano tassi di pirateria del 75% su applicativi da 99 centesimi, Layers e FishLabs segnalano un tasso di pirateria fra il 75 e il 95% per i loro software da gioco che costano rispettivamente 4,99 e 7 dollari. Sembra dunque che la pirateria aumenti all’aumentare del prezzo del software. Lo confermerebbe anche TomTom, che vende un software costoso per la navigazione Gps via iPhone, e che è secondo nella classifica delle applicazioni più scaricate in maniera illegale se si vanno a contare i 100 download di apps più popolari via Bit Torrent su PirateBay.org.
La stima Sacconaghi sul profitto perso per Apple e gli sviluppatori fa impressione. Circa 510 milioni di applicazioni (il 17%, una media) dei 3 miliardi finora scaricati sono a pagamento. Se il tasso di pirateria è all’incirca del 75%, questo vuol dire che ci sono stati 3 download pirata ogni singolo download legale. In altre parole, attualmente circa 1,53 miliardi di ulteriori download (ulteriori rispetto ai 3 miliardi complessivi, legali e a pagamento o gratuiti). Se il costo medio delle applicazioni piratate è di 3 dollari, si arriva alla cifra stratosferica di 4,59 miliardi di dollari di mancati guadagni per Apple (30%) e gli sviluppatori (70%).
Pur aggiustando la stima per tenere in considerazione che un buon numero di applicazioni pirata sono gratuite, si arriva comunque, secondo gli analisti a circa mezzo miliardo di dollari di denaro letteralmente rubato, una cifra enorme e spaventosa soprattutto in rapporto al sistema e ai profitti reali che esso produce.
Se effettivamente il ragionamento che viene fatto da una serie di analisti e aziende, e che abbiamo riassunto e integrato in questo servizio, risponde a verità , come sembra, c’è un problema all’orizzonte del quale Apple non ha mai parlato. Solo alcuni sviluppatori parrebbero cominciare a rendersi conto del fatto che in questo momento c’è una fonte di perdite, cioè di mancati guadagni, davvero notevole. Se se ne accorgono loro, però, se ne accorge anche Apple. E l’azienda sa che, da un lato bloccare in maniera troppo brutale la possibilità del jailbreaker si può rivelare un suicidio da un punto di vista di immagine pubblica, oltre a una mossa velleitaria perché poi qualsiasi blocco è aggirabile, nel medio periodo. Ignorare il problema vuol però dire alienarsi gli sviluppatori, una volta che questi si dovessero convincere che la piattaforma non fornisca le adeguate garanzie per ripagare gli investimenti di tempo e denaro per realizzare il software.
Forse, nella prossima versione del sistema operativo di Apple, e magari anche negli ipotetici nuovi prodotti che potrebbero essere basati sul sistema operativo di iPhone e iPod touch, come ad esempio un tablet, Apple potrebbe aver studiato soluzioni e tecniche ancora diverse che possano rendere la vita più difficile a chi, più che sbloccare il telefono, vuole rubare agli sviluppatori il loro software genuino, utilizzandone versioni copiate illegalmente.