La sentenza che, questa mattina, ha un perdente, Microsoft e due vincitori: la commissione europea e Mario Monti, il commissario antitrust italiano che nel corso della precedente legislatura avere istruito il processo che portò alla condanna di Redmond. Monti però non ‘vince’ solo nel vedere riconosciute le ragioni dell’ufficio che lanciò la storica causa antitrust, ma anche per il fatto di avere respinto un allettante accordo di mediazione che Redmond aveva offerto in cambio della chiusura del caso.
A raccontare l’episodio che avrebbe potuto cambiare decisamente il corso della storia, è lo stesso Monti in una intervista rilasciata all’agenzia Reuters.
‘Steve Ballmer – dice Monti che ora è presidente dell’Università Bocconi – venne da me a Bruxell e mi offrì un accordo. Devo ammettere che fui tentato di accettare. Si trattava di un modo elegante di uscire da una vicenda difficile e un modo per evitare rischi per la commissione. Ma era anche un modo per impedire che si arrivasse a definire la certezza legale’. Monti, si apprende dalla intervista alla Reuters, in particolare temeva che la Commissione potesse perdere il controllo su altre cause simili.
Proprio la capacità di resistere alla tentazione di chiudere la vicenda con un accordo extragiudiziale (una tattica ben nota a Microsoft che grazie a questo tipo di accordi ha tolto di mezzo importanti avversari nella causa antitrust, compresi quelli che hanno dato il via all’indagine dell’Ue), rende efficace la sentenza di oggi, nonostante molte delle ragioni per cui la causa fu istruita siano state spazzate via dal tempo trascorso. La sentenza ha stabilito un precedente legale e anche se Microsoft dovesse ricorrere c’è oggi molta più certezza in materia.
Intanto Microsoft nelle ore immediatamente successive alla sentenza ha preferito evitare toni accesi limitandosi a parlare di delusione nell’ambito però di una situazione che ora è finalmente chiara. Brad Smith, consigliere generale di Microsoft, ha rifiutato di dare indicazioni precise su un eventuale ricorso (che comunque dovrà essere non più sulla contestazione dei fatti, ma sulla lettera delle legge, il che renderà molto difficile l’azione) limitandosi a dire che la sentenza deve essere studiata prima di prendere una decisione.
Molto più dura il commissario Neelie Kroes che durante una conferenza stampa ha parlato di mercato inquinato quello in cui una società detiene il 95% dei sistemi operativi e della necessità di ripulire la situazione. Diversi osservatori hanno inteso queste affermazioni come un cenno alla volontà di proseguire la battaglia anche su Windows Vista, già indicato in più occasioni come un altro fattore di contrasto con l’Ue. La Kroes ha fatto anche cenno a nuovi provvedimenti (visto che i 777 milioni di euro di multa potrebbero non essere un fattore di dissuasione sufficiente per una realtà con le tasche di Microsoft) e alla necessità di tenere d’occhio la società di Gates per il futuro. Il commissario ha anche parlato del caso antitrust contro Redmond come di un ‘precedente’, il che lascia pensare ad altre azioni legali simili per spirito e per procedura.
Una di queste è dietro l’angolo e coinvolge anche Apple. Si tratta del caso che, partendo dai prezzi differenziati di iTunes e dal mercato bloccato per paesi in cui, contro lo spirito del mercato comune è impossibile acquistare in nazioni diverse da quelle di residenza, punta a scardinare un sistema istituito dalle case discografiche. In questo contesto la Mela, per esplicita ammissione anche dell’Unione, potrebbe essere solo poco meno vittima dei clienti. Sembra infatti assodato che i negozi e i prezzi differenziati per paesi siano frutto della volontà delle case discografiche di mantenere il controllo del mercto e non di Cupertino che, per costi e semplificazione della gestione, avrebbe gradito assai di più un solo negozio internazionale.