L’ex dirigente di Apple Music e fondatore di Beats, Jimmy Iovine, ha parlato con The New York Times dello stato dei vari servizi di musica in streaming, affermando che questi si trovano ora ad affrontare tutti le stesse difficoltà, descrivendo inoltre cosa ha appreso da Steve Jobs, Apple e Napster e come si è arrivati alla nascita dei vari servizi di musica in streaming.
“È tutta una risposta a Napster. Ho visto quanto potente era la tecnologia, capito che dovevamo cambiare marcia e che le compagnie discografiche non potevano esistere senza le aziende IT”, dice di avere capito che la risposta delle case discografiche a Napster non era quella giusta. Venti anni addietro l’industria discografia “si stava scavando la fossa da sola, citando in giudizio le persone per proteggere i suoi interessi”.
Iovine riferisce di avere capito all’epoca di essere dalla parte sbagliata. Incontrò alcune persone del mondo IT, in particolare Steve Jobs e Eddy Cue di Apple capendo “dov’era la festa” e la necessità di integrare il loro modo di pensare con Interscope Records (l’etichetta fondata da Iovine).
Iovine sentiva anche la necessità di lavorare su come si ascoltava la musica, di avere imparato molto da Dr Dre, preoccupato dai dispositivi “economici e non efficienti”, riferendo che quando quest’ultimo decise di far nascere Beats music, imparò da Apple la complessità dell’hardware.
“Steve Jobs ed io eravamo soliti sederci al ristorante greco e abbozzare quello che bisognava fare per creare hardware”, spiega ancora Iovine. “Diceva: c’è la distribuzione, c’è la produzione”, disegnando con un pennarello” e io rispondevo: “Oh!” (imprecando).
Iovine spiega ancora che il suo passare da essere un produttore musicale a co-fondatore di Beats, e poi ad arrivare in Apple, non deve essere visto come l’abbandono della nave, ma un passo necessario perché vedeva musica e tecnologia come parte dello stesso processo che altri non vedevano (“I due schieramenti non parlavano la stessa lingua”).
I problemi nel business dello streaming sono i margini e l’impossibilità di differenziarsi sul serio. “Non è un approccio scalabile”. “Con Netflix, più abbonati hai, meno sono i costi. Con la musica in streaming, i costi ti seguono. E le offerte di musica streaming sono ormai servizi di pubblica utilità, tutti uguali. Guardate quello che sta funzionando nel video. Disney propone contenuti propri originali; anche Netflix ha un sacco di cose originali mentre i servizi di musica in streaming sono tutti uguali, pagati dalle aziende proporzionalmente agli ascolti e questo è un problema”.
Iovine afferma ancora di vedere problemi nell’assenza di relazione tra le etichette discografiche e i fruitori finali della musica, elemento preoccupante per musicisti e interpreti.
“Gli artisti hanno a disposizione qualcosa che non hanno mai avuto prima, un imponente sistema di comunicazione diretta con il pubblico, arrivando nelle loro case, i loro letti, le loro auto”, “ed è per questo che tutti li vogliono. Spotify li vuole, Apple Music li vuole, Coca Cola li vuole, Pepsi li vuole”. capire in che modo diventare più preziose per i loro artisti, non è un problema di questi ultimi ma delle aziende che si occupano di streaming e delle etichette discografiche.