Oltre ai nuovi dazi doganali introdotti dall’amministrazione Trump, ora arriva l’OK a procedere contro Apple della Corte Suprema USA per una class action sul monopolio di App Store in USA. Eventi che si stanno pesando sulla quotazione del titolo AAPL in borsa in calo di oltre il 5% mentre scriviamo.
La Corte Suprema USA ha deciso di accogliere la causa di un gruppo di utenti iPhone che ha citato in giudizio Apple perché non consente di acquistare app all’infuori dell’App Store. La causa originale risale al 2011 e accusa la multinazionale di Cupertino di operare App Store in condizione di monopolio, tra l’altro gonfiando il prezzo delle app richiesto agli utenti che non possono rivolbersi ad app store alternativi.
Lo riferisce CNBC che riporta stralci della decisione «Molti consumatori sostengono che Apple chiede oneri troppo elevati per le app. In particolare, i consumatori sostengono che Apple ha monopolizzato il mercato al dettaglio per la vendita di app, usando in modo improprio il suo potere monopolistico per far pagare ai consumatori prezzi superiori a quelli concorrenziali».
«L’indicazione secondo la quale il venditore monopolista (in questo caso Apple), ha usato il proprio monopolio per imporre prezzi più elevati, è una classica questione che riguarda l’antitrust. Apple afferma ad ogni modo che le parti offese querelanti nel caso in questione non possono citarela in giudizio perché non sono presumibilmente “acquirenti diretti” di Apple ai sensi della nostra decisione nel caso Illinois Brick Co. v. Illinois, 431 U. S. 720».
«Non concordiamo. I ricorrenti acquistano le app direttamente da Apple e pertanto si tratta di acquisti diretti secondo l’Illinois Brick” (una nota sentenza nel quale la Corte suprema USA ha escluso la legittimazione attiva degli acquirenti indiretti su cui il danno sia stato trasferito mediante un aumento del prezzo da parte dell’acquirente diretto del bene o servizio illecitamente monopolizzato, ndr).
«In questa fase preliminare della controversia, non discutiamo la fondatezza nel merito del querelante per le rivendicazioni conto Apple, né intendiamo valutare qualsiasi altro elemento di difesa che Apple potrebbe avere. Ci limitiamo a rimandare alla sentenza Illinois Brick sugli acquisti diretti che non impedisce ai querelanti di citare Apple secondo la normativa sulla concorrenza».
Nel 2017 una Corte di appello statunitense aveva stabilito che un gruppo di utenti dell’App Store poteva portare in giudizio Apple perché con l’App Store avrebbe creato “un illegale monopolio per la distribuzione delle app”, impedendo agli utenti l’acquisto di app da store alternativi. Il riferimento è ad un pronunciamento del 2013 che capovolgeva quanto stabilito in una causa intentata nel 2011.
Secondo il gruppo che vuole portare in giudizio Apple, quest’ultima, impedendo agli utenti di acquistare app da store digitali alternativi, non consente di creare concorrenza sui prezzi, con conseguenti prezzi alti per le app. Questo non tanto in riferimento al prezzo finale delle app corrisposto dagli utenti, quanto invece per le commissioni richieste e applicate da Cupertino agli sviluppatori che desiderano distribuire e vendere le loro app tramite App Store.
Apple ha sempre sostenuto che la richiesta del gruppo non ha senso perché, in effetti, si acquistano proposte degli sviluppatori e Cupertino semplicemente affitta loro uno “spazio” nel quale vendere le loro proposte. Gli sviluppatori versano una quota degli introiti alla Mela in cambio del diritto di vendere sull’App Store.
Se la posta in gioco verrà seriamente messa in discussione, aveva spiegato tempo addietro Mark C. Rifkin, avvocato dello studio Wolf Haldenstein Adler Freeman & Herz che rappresenta il gruppo di utenti che vuole portare in giudizio Apple, «La soluzione più ovvia è che Apple consenta alle persone di acquistare le applicazioni da dove vogliono, permettendo di aprire il mercato e abbassare i prezzi» come riporta CNBC. «L’altra alternativa per Apple è retribuire le persone per i prezzi superiori che hanno storicamente pagato per le app in virtù del suo monopolio».
Apple difende l’App Store spiegando che ha contribuito alla creazione di “nuova dinamica industria”. Nel solo 2016 gli sviluppatori hanno guadganato oltre 20 miliardi di dollari dall’App Store, negozio elettronico che offre oltre 2 milioni di app agli utenti.
Ricordiamo che App Store è sotto indagine anche da parte dell’antitrust in Europa, procedimento iniziato su segnalazione di Spotify: la società di streaming accusa infatti Cupertino di sfruttare vantaggi da monopolista per Apple Music, con condizioni e prezzi non possibili per chi deve vendere app e servizi passando tramite App Store.
La decisione della Corte Suprema in USA e anche le preoccupazioni crescenti sulle tensioni commerciali tra USA e Cina per i dazi introdotti da Trump stanno producendo effetti negativi sulla quotazione del titolo AAPL in borsa. Nel momento in cui scriviamo la quotazione si aggira sui 186 dollari, un calo di oltre il 5% rispetto all’ultima quotazione.