Microsoft chiede regolamenti governativi per quanto concerne le tecnologie di riconoscimento facciale, ammonendo che queste potrebbero spianare la strada verso un futuro distopico, sullo stile di quello raccontato in “1984“, uno dei più celebri romanzi di George Orwell.
«Se non agiamo, rischiamo di svegliarci tra cinque anni scoprendo che i servizi di riconoscimento facciale si sono diffusi con modalità tali da inasprire varie problematiche legate a questioni sociali». Ad affermarlo è Brad Smith, Presidente e Chief Legal Officer di Microsoft, che ha scritto sull’argomento un post sul blog aziendale. «Dobbiamo fare in modo che il 2024 non sembri una pagina del racconto di “1984”».
Smith esorta i legislatori di tutto il mondo ad agire prima che sia possibile abusare ampia,ente dei sistemi di riconoscimento facciale. «Immaginate la possibilità per le telecamere di sorveglianza installate nelle città di identificare chiunque e monitorare gli spostamenti – tutto senza il vostro permesso». Enti governativi, scrive ancora Smith, potrebbero sfruttare questi sistemi ottenendo la sorveglianza di massa su una scala senza precedenti.
Non basta che le aziende del mondo IT adottino misure di autoregolamentazione, dice Smith. I vantaggi in termini commerciali potrebbero portare a ignorare qualunque considerazione di carattere etico da parte delle aziende che sviluppano e vendono sistemi di riconoscimento facciale.
“Non crediamo che il mondo sarà meglio tutelato da una corsa verso il basso, con le aziende del mondo IT obbligate a scegliere tra responsabilità sociale e successo commerciale” scrive ancora Smith. “Siamo convinti che il solo modo di proteggersi sia creare una soglia minima di responsabilità come supporto di una sana concorrenza tra le forze di mercato”.
Non è la prima volta che Microsoft paventa questi pericoli. A giugno di quest’anno il presidente Brad Smith aveva chiesto al governo USA di disciplinare l’utilizzo delle tecnologie di riconoscimento dei volti. Smith si era appellato al governo per disciplinare il settore, individuando un punto di equilibrio tra “la sicurezza del pubblico e l’essenza delle nostre libertà democratiche”.