Chi compra un Mac è costretto a pagare una tassa per la libertà di scegliere un prodotto diverso da tutti gli altri e finisce per spendere molto di più di quanto non crede e di avere di meno. Ecco la tesi di fondo di una intervista rilasciata ieri da Brad Brooks, vice president of Windows Consumer Product Marketing, ad Ina Fried, una giornalista di C/Net.
L’articolo, lunghissimo, molto approfondito e dettagliato, sorprendentemente verte quasi interamente su Apple e le sue strategie e sulle (non) opportunità , ovviamente dal punto di vista di Microsoft offerte dai sistemi Macintosh. Nella vastissima serie di domande e risposte (la più lunga che ricordiamo in tempi recenti e non, di cui si è fatto protagonista un alto manager di Microsoft in materia di Apple) si affrontano numerose tematiche; si spazia dalle prospettive che ha un utente Mac nell’uso del software per finire con il fatto che la versione per Apple di Office è inferiore a quella per Windows, passando per la campagna a sostegno di Vista e il plusvalore che offre rispetto a Mac Os X.
La parte centrale e più interessante è però quella iniziale dove si parla esplicitamente della “Tassa Apple”, intesa non solo come un costo extra che, secondo Brooks, si dovrebbe pagare per avere un computer non Windows, ma anche in fatto di rinunce: “Non avrete cose come Microsoft Outlook, i giochi che siete abituati ad usare, non avrete HDMI o Blu-ray – dice il dirigente di Redmond – non avrete neppure dischi e-SATA esterni che sono due volte più veloci di Firewire. In più dovrete pagare anche una tassa di aggiornamento. L’unica macchina che conosco e che è realmente aggiornabile è il MacPro che costa 2800 dollari che è più costoso di qualunque configurazione PC che potrete trovare da qualunque dei nostri produttori”.
Brooks sottolinea anche come al momento Apple voglia vendere i suoi computer sostenendo che possono far girare anche Windows e Office, ma per questo si deve pagare un prezzo nascosto, costituito da Windows e da Office, quando si può avere tutto questo semplicemente comprando un HP o un Dell da 800$”. Brooks parla anche dei costi connessi a Parallels e poi del fatto che “per avere funzioni simili a quelle di Windows Live si deve pagare 149$ per MobileMe (in realtà la suite costa 99$ NDR).
Penso che mentre tutti i nostri budget si stanno restringendo drammaticamente i clienti cominceranno a capire che tutte queste cose non solo li limitano in termini di scelta, di compatibilità e di fruibilità , ma che sono anche spese inutili e significative per il loro budget e per la loro scelta in fatto di tecnologia”.
L’intervistatrice fa notare, non senza un fondamento, nel corso dell’intervista che un così accalorato e lungo pistolotto anti-Apple potrebbe anche voler dire che ora Microsoft intende Cupertino come un vero nemico.
“Tutto questo è iniziato – si giustifica Brooks facendo riferimento indiretto alla campagna Mac vs PC – a luglio quando durante la partner conference abbiamo detto “basta”, tracciando una linea nella sabbia. Ci sono due cose che sono successe. La prima che è che ci siamo stancati di non poter noi stessi definire e delineare i nostro prodotti e l’esperienza che miliardi utenti provano ogni giorno, una esperienza eccellente. Tocca a noi raccontare questa storia e la racconteremo a tutti i livelli. E la seconda cosa che vogliamo fare è spiegare a chi prende una strada diversa quel cui rinunciano in termini di un mondo senza muri illustrando anche i costi e in particolare la tassa di Apple che si paga direttamente che non è stata mai definita sul mercato in maniera efficace”
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