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Pesciolino: Steve Jobs, il padre che ami ma che non vorresti mai

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In questi giorni il mondo degli appassionati di calcio e quello degli appassionati di autobiografie nostrane – storie di persone illustri raccontate da loro stessi – è in subbuglio per l’uscita di Un capitano, la biografia di Francesco Totti. E ne hanno ben donde, perché il capitano della Roma, con la collaborazione di Paolo Condò “alle tastiere”, ha tirato fuori un bel libro. Non poteva essere diversamente visto il personaggio e soprattutto l’uomo, quindi ci sta. È un libro leggero ma diretto, non duro ma giusto: un uomo vero che ha avuto la fortuna di fare le tappe della vita al momento debito.

Certo, il libro di Totti non è Open di Andre Agassi, scritto magistralmente dal premio Pulitzer J. R. Moehringer (che non ha voluto che Agassi mettesse il suo nome in copertina) e a oggi un punto di riferimento per chi si cimenta nel lavoro di scrittura di una autobiografia sua o conto terzi.

Perché dentro Open ci sono cose “vere” che fanno male (perché la letteratura, sia esso romanzo, saggio o poesia, deve fare anche male) ma ci sono anche intelligenza, struttura, stile. Fin dalla copertina: Totti gioca sul titolo con il coro da stadio (“Un capitano, c’è solo un capitano”), Agassi invece sul doppio significato di Open: gli Open di tennis statunitensi e il suo aprirsi al mondo raccontando cose intime, private o addirittura vietate (come l’uso delle metanfetamine e l’aver mentito alla federazione tennistica). Tutto questo per dire che le autobiografie sono un vero genere con dignità di letteratura, e non solo dei memoir raffazzonati di ex combattenti del primo o secondo conflitto mondiale. Ci sono autobiografie che sono dei pezzi di letteratura.

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Pesciolino

La recensione di “Pesciolino” di Lisa Brennan-Jobs

Arriviamo a Steve Jobs, anzi alla figlia, Lisa Brennan-Jobs. Nelle 420 pagine di Pesciolino (ottima traduzione dell’inglese “Small Fry”), appena pubblicato da Rizzoli a 18,50 euro, la figlia maggiore di Jobs cerca di prendere il controllo del mito di suo padre. È una storia dai toni cupi, dopotutto si tratta di una figlia naturale cresciuta in sostanziale povertà che è stata riconosciuta solo da adolescente dal padre milionario, che peraltro pubblicamente (e anche privatamente) ha sempre negato o rimesso in discussione la sua paternità.

[su_pullquote align=”right” class=”custom-pullquote”] Pesciolino indigesto
Il libro di Lisa fa infuriare moglie e sorella di Jobs [/su_pullquote]

Il vero tema centrale di questo libro, rifiutato e condannato dalle due donne piace vicine a Jobs negli ultimi giorni, la sorella e la moglie,  è il potere, e il modo con il quale la figlia cerca di riscrivere l’identità del padre attraverso la sofferenza e il distacco a tratti conflittuale, riallacciato per mezzo di un contatto esile ma poi più solido e quindi di maggiore continuità negli ultimi tempi della vita di Jobs, agonia compresa.

L’intelligenza della Brennan-Jobs nella costruzione di Pesciolino è la cosa più interessante del libro. La giovane donna è nata il 17 maggio del 1978, ha quindi da poco compiuto 40 anni. Quando viveva con la madre ha frequentato scuole “povere”, poi dopo il riconoscimento del padre e il suo corposo assegno di mantenimento, ha studiato ad Harvard e quindi al King’s College di Londra per un anno. Ha iniziato a scrivere sui giornali già all’università (per il giornale scolastico gestito solo dagli studenti ma in maniera molto seria The Harvard Crimson) e, dopo la laurea, si è trasferita nel costoso cuore di New York, a Manhattan, per lavorare come giornalista-scrittrice. Pubblica articoli e saggi per magazine e riviste come “The Southwest Review”, “The Massachusetts Review”, “The Harvard Advocate”, “Spiked”, “Vogue” e persino “O, The Oprah Magazine”.

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Una sensibilità letteraria notevole

La recensione di “Pesciolino” di Lisa Brennan-Jobs

Diciamo quindi che Lisa la penna decisamente la sa tenere in mano e, a quarant’anni di letture e scritture, ha idea di come si possa tirare fuori il libro che ciascuno di noi porta dentro di sé, cioè la propria storia. Nel suo caso, una storia complessa e difficile, che lei restituisce con apparente onestà e una sensibilità letteraria notevole: è la storia di un conflitto che lei racconta soprattutto nella prospettiva della sua infanzia con la madre a Palo Alto e dei primi rapporti con il padre, saltando poi alla parte finale della vita di Steve Jobs. E questo angolo prospettico che l’autrice sceglie è rivelatorio.

[su_pullquote align=”right” class=”custom-pullquote”]Apple ai tempi di Steve Jobs
I migliori libri che raccontano il rapporto tra Apple e Jobs [/su_pullquote]

Il libro affronta il tema di un rapporto costruito attorno al potere del padre e al modo con cui lo esercita: Jobs chiama con il suo nome un computer (il Lisa) che poi a sua volta simbolicamente abbandonerà a favore del Macintosh, mentre non ammette pubblicamente che il Lisa si chiami così in onore a sua figlia, se non in un surreale episodio in cui viene messo alle strette da Bono, il cantante degli U2, durante una visita alla sua megavilla.

Il rapporto di Lisa con Steve Jobs è difficile, duro, ed è conseguenza della prospettiva volutamente limitata ai due momenti della loro storia in cui c’è intensità emotiva. Per questo possiamo dire che l’autrice sia in primissima battuta capace di strutturare un libro: sceglie volontariamente di tenere offuscate le parti che renderebbero meno intenso e meno duro il racconto.

La recensione di “Pesciolino” di Lisa Brennan-Jobs

Lisa infatti nasconde in buona parte i secondi venti anni di rapporto “normale” con il padre separato dalla madre, la nuova famiglia allargata, l’accesso parziale a un benessere che i due figli della moglie di Jobs invece vivono pienamente: niente che qualunque ragazza figlia di genitori separati con un padre benestante e una madre a livello di sussidi non sappia.

Non c’è il dramma e anzi, la prospettiva cambierebbe. Il dramma vero è quello del padre che è combattuto ed evidentemente parzialmente capace di tenere a bada i suoi demoni e trovare un equilibrio nel rapporto con la figlia, con la ex fidanzata e dall’altro lato con l’energia che lo possiede nella sua ansia di conquistare il mondo. Un padre forte ma intimamente fragile, capace di durezza assoluta, spietato, ma anche portatore di un ruvidissimo affetto, manifestato più con una presenza fisica intermittente che non come qualcosa di esprimibile a parole o con gesti pienamente sociali.

L’affetto di Steve Jobs non è espresso in maniera straniante. Invece, è quello di un uomo che, nel mondo professionale che assorbe completamente la sua vita, si muove come in una giungla in cui è la belva più temibile. E i messaggi che manda alla figlia (e alla ex fidanzata) sono in realtà scritti con il linguaggio violento che impiega nel business, nel quale era uno spietato dominatore, circondato da belve assetate del suo sangue.

Mettiamola in un altro modo: se uno usa in famiglia e negli affetti lo stesso registro di quando va a fare a cazzotti con Bill Gates, Larry Ellison e tutti gli altri semi-dei del mondo della tecnologia, imprenditori che fanno dell’essere spietati la propria cifra culturale distintiva, le cose non possono andare bene. E infatti, così è. Steve Jobs fa le carezze di un pugile con i guantoni che, davanti al rischio paranoico di trovare una donna (la ex fidanzata) che si possa approfittare economicamente di lui, la stende e stende con lei anche la figlia.

Il ritratto di un uomo molto difficile

La recensione di “Pesciolino” di Lisa Brennan-Jobs

Infatti, nella intelligenza (o furbizia) della costruzione retorica del libro della Brennan-Jobs, spiccano certamente i momenti e gli episodi che mostrano la figura di Steve Jobs come di un uomo senza cuore, incapace di affetti profondi. Sono gli episodi che permettono di disegnare un ritratto facilmente negativo di Jobs, ed è quello che la stampa cerca: il tycoon geniale e spietato negli affari, spietato e basta nella vita famigliare. Ipnotico sul palco, distaccato e micidiale in famiglia. Troppo semplice, soprattutto senza contraddittorio.

Oltretutto questa è la lettura, molto facile, che viene data dall’altro grande testo su Steve Jobs, cioè la monumentale biografia di Walter Isaacson dedicata a Jobs. Però, Isaacsson sostanzialmente fallisce nel suo obiettivo di raccontare le gesta dell’imprenditore e dell’uomo (che si riducono a un susseguirsi di eventi privi di un disegno di fondo e di una morale più sofisticata del banale “Jobs era un gran figlio di buona donna”) a causa dell’affrettata stesura della redazione finale della biografia, che per un breve periodo Isaacson dichiarò che avrebbe voluto ritoccare.

[su_pullquote align=”right” class=”custom-pullquote”]Pensare come Steve Jobs
Tutti i libri che lo hanno ispirato [/su_pullquote]

Il libro di Isaacsson è evidentemente conseguenza e “frutto” dell’agonia di Jobs, che spinse l’avido editore americano e il suo ancor più avido autore ad accelerarne la pubblicazione per sfruttare l’ondata emotiva della scomparsa del fondatore di Apple. Con sei mesi di lavoro in più Isaacsson avrebbe saputo trovare chiavi di lettura più sofisticate e interessanti che non con un semplice lavoro di sbobinatura e collazione delle interviste a Jobs e agli altri.

Invece, Lisa Brennan-Jobs fa un lavoro come detto più fine, costruisce un angolo di visuale da bambina e adolescente alla ricerca di un rapporto con un padre emotivamente e fisicamente distaccato, la cui sfera pubblica (il lavoro, le intuizioni, il successo) arrivano solo indirettamente, come tratti del carattere combattuto dell’uomo e come conseguenza della sua traiettoria professionale oltre che esistenziale. La bambina è il danno collaterale di una gravidanza non desiderata e a lungo negata, di una distanza esistenziale profonda, di un modo di cercare poi di ricucire quel rapporto che, nella sensibilità discutibile di Steve Jobs, era anche in parte uno sforzo intenso e pacificatore. L’intelligenza del libro, il motivo per cui leggerlo, è tutto qui.

Una storia su misura

La recensione di “Pesciolino” di Lisa Brennan-Jobs

Lisa Brennan-Jobs, infatti, è orgogliosa di se stessa e della sua vita. Poteva essere una ragazza perduta, ma è riuscita a costruire un percorso (anche con l’aiuto sostanziale del padre) che l’ha tenuta a galla. E vende la cosa più preziosa che ha raggiunto, cioè il desiderio di perdonare il padre. Perché lo perdona, forse per finire di amarlo e psicoanaliticamente distruggerlo. Comunque sia, lo fa mettendo in scena tanti piccoli momenti e dettagli che hanno il gusto dell’invenzione, del verosimile.

Perché sostenere qui una cosa del genere? Perché nelle pagine e pagine di dialogo e descrizione che si leggono come un romanzo – e sono il punto di forza di questa autobiografia – una cosa non torna mai. È una considerazione di buon senso. Figuriamoci chi ricorda con precisione non solo dialoghi ma anche abbigliamento, tempo metereologico, particolari della scena, a trent’anni e più di distanza. Figuriamoci se, scrivendo le proprie memorie, si possono rivivere così tanti fatti, parole, particolari e dettagli. Magari. Forse Pico della Mirandola. Ma non crediamo molti altri.

Pesciolino non è vero, è verosimile. È una Gomorra delle autobiografie, cioè un testo che mira al verosimile più che al vero, inventando in maniera aderente alla realtà storica per dare profondità e colore ai fatti, non per ricostruire con la precisione certosina dello studioso quel che accadde realmente. Come certo giornalismo, è “fake” nel senso che non mette sulla pagina la cronaca puntuale di quello che è successo, ma una sua rappresentazione sintetica e in parte allegorica. È pericoloso fare così, però, perché in questa maniera leggiamo una interpretazione dei fatti che invece ci permetterebbero di farci una nostra opinione. Chi ci dice che la storia sia anche corretta e non, invece, solo fuorviante?

La recensione di “Pesciolino” di Lisa Brennan-Jobs

Attenzione, la cosa che fa Lisa Brennon-Jobs è comunque comune e anche corretta. È infatti la grande licenza letteraria che chi scrive un memoir può prendersi: modellare i suoi ricordi per consentirci di viaggiare non solo nella sua storia ma anche nella sua mente e nei suoi sentimenti (per questo le autobiografie sono interessanti e “calde”, quasi psicanalitiche, mentre le biografie scritte da terzi sono spesso “freddi” e noiosi esercizi di culturismo del dettaglio). Lisa Brennon-Jobs questa licenza da memoir se la prende. Che noi si sappia, non ha fatto alcuna intervista per rinfrescarsi la memoria, per sapere come effettivamente andarono le cose, per aiutare a ristabilire la misura giusta delle cose.

La Brennan-Jobs sfrutta con perizia questo spazio di “creative non-fiction” intimistica e lavora di cesello nel rendere narrativo, alla Tom Wolfe e oltre per intendersi, quel che può raccontare. L’angolo di visuale è sempre il suo, l’epoca della narrazione è quella in cui la sua figura non è pubblica e quindi non c’è sostanzialmente cronaca accessibile che possa alimentare un contraddittorio. Lei racconta storie intime, minime, personali, in cui Jobs attraversa lo spazio domestico della sua vita, e Lisa – come una novella moglie dell’astronauta – ne restituisce il suo soggettivo gusto e la sua personale visione.

In conclusione

La recensione di “Pesciolino” di Lisa Brennan-Jobs

È un libro gustoso, scritto magnificamente, figlio di una sensibilità decisamente maggiore del bisogno di verità, che si fa leggere con piacere. Soprattutto se siete appassionati di Steve Jobs. E chi altro poi vorrebbe leggere questo libro? Il problema è che, se siete appassionati di Steve Jobs, il vostro eroe ne uscirà con le ossa rotte. Però, almeno sarà fatto da chi ha titolo per farlo: la figlia e non l’illustre biografo prezzolato e ghiottone, incapace di contenere la bulimica ricerca del successo.

Lisa Brennan-Jobs invece cerca anche lei quello, soldi e successo, ma almeno ne ha diritto. Lei non cerca redenzione o closure, ma vuole evidentemente rendere liquido l’investimento emotivo di una vita con Steve Jobs e, ammettiamolo, in quanto figlia naturale di un miliardario per via del quale ha vissuto anni di abusi emozionali e che le ha comunque permesso di toccare un mondo che l’ha cambiata ma a cui sostanzialmente non appartiene, ne ha anche diritto. Per noi che leggiamo con gusto pagine scritte con passione e intelligenza, Pesciolino è al di là di tutto un bel libro che vale la pena.

Pesciolino è in vendita su Amazon, sia in versione cartacea che in digitale (per tablet iOS e Android tramite l’app Amazon Kindle) sua su iBooks Store, oltre che ovviamente nelle librerie

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