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Apple paga (con gli interessi) il debito in tasse all’Irlanda: 13.1 miliardi

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Il governo di Dublino ha ottenuto il pagamento di 14.3 miliardi di euro, importo comprensivo di interessi, a due anni di distanza dalla decisione della Commissione europea secondo la quale l’Irlanda ha concesso ad Apple vantaggi fiscali indebiti, un trattamento illegale ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato poiché avrebbe permesso alla Mela di versare molte meno imposte di altre imprese.

Il Financial Times riporta che il ministro delle Finanze irlandese Paschal Donohoe ha annunciato il ricevimento da parte di Apple dei 13,1 miliardi di euro in tasse + 1.2 miliardi di euro di interessi. L’intero importo verrà depositato in un conto di garanzia. Come abbiamo spiegato altre volte, tutte le decisioni della Commissione possono essere sottoposte al giudizio degli organi giurisdizionali dell’UE. Se uno Stato membro decide di impugnare una decisione della Commissione, deve comunque recuperare l’aiuto di Stato illegale ma deve depositare l’importo recuperato su un conto di garanzia in attesa dell’esito del procedimento dinanzi agli organi giurisdizionali dell’UE.

Apple ha presentato appello alla Corte di giustizia e anche la stessa Irlanda ha fatto ricorso contro l’intervento di Bruxelles. Il ministero del Tesoro irlandese nel dicembre del 2016 aveva parlato di “interferenza nella sovranità nazionale” di “una comprensione errata di come funziona la tassazione delle multinazionali”. Nell’ottobre del 2017 l’UE aveva segnalato l’Irlanda alla Corte europea di Giustizia obbligando a raccogliere le tasse arretrate.

Secondo la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, “gli Stati membri non possono concedere vantaggi fiscali a determinate società e non a altre”. “Un L’indagine della Commissione ha portato a concludere che il trattamento selettivo di cui ha goduto ha permesso ad Apple di pagare sugli utili europei un’aliquota effettiva dell’imposta sulle società pari all’1 per cento nel 2003, scesa poi fino allo 0,005 per cento del 2014”.

Tasse Apple

Apple ha dichiarato di essere convinta che ogni azienda abbia la responsabilità di pagare le imposte dovute e, “in qualità di maggior contribuente al mondo, versa ogni singolo dollaro dovuto in tutti i Paesi in cui è presente”. E ancora: “L’aliquota fiscale effettivamente applicata sugli utili dall’estero è del 21 percento, una cifra che è possibile ricavare facilmente dai documenti pubblici”.

“Nel 2015, quando l’Irlanda ha modificato le proprie leggi in materia fiscale” ha dichiarato la Mela lo scorso anno, “Apple si è adeguata modificando la residenza delle proprie filiali irlandesi e informando l’Irlanda, la Commissione Europea e gli Stati Uniti”. “Le modifiche che abbiamo fatto al tempo non hanno ridotto il contributo fiscale in nessun Paese. Di fatto, i versamenti all’Irlanda hanno registrato un significativo aumento e negli ultimi tre anni abbiamo pagato al fisco locale 1,5 miliardi di dollari in tasse, ovvero il 7% del totale delle imposte sul reddito delle società versate nel Paese. Tali modifiche sono inoltre servite a garantire che i nostri obblighi in materia di imposte verso gli Stati Uniti non fossero ridotti”.

E ancora: “Comprendiamo che alcuni vorrebbero cambiare il sistema tributario affinché le tasse delle multinazionali siano ripartite diversamente fra i vari Paesi in cui operano, e sappiamo che persone ragionevoli possono avere punti di vista differenti su come questo dovrebbe funzionare in futuro. In Apple ottemperiamo alle leggi e se il sistema cambia, ci conformeremo. Sosteniamo fermamente gli sforzi della comunità internazionale verso una riforma tributaria globale che porti a una semplificazione del sistema, e continueremo ad esprimerci in suo favore”.

Se un cliente acquista un prodotto Apple al di fuori degli Stati Uniti, il guadagno viene innanzitutto tassato nel Paese in cui ha luogo la vendita. Apple paga poi le imposte all’Irlanda, dove le attività di vendita e distribuzione di Apple vengono svolte da una parte dei 6000 dipendenti che lavorano lì. Un’ulteriore tassa è poi dovuta negli Stati Uniti quando gli utili vengono rimpatriati.

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