Apple ha raggiunto un traguardo storico: è la prima azienda al mondo ad avere raggiunto i 1000 miliardi di dollari di capitalizzazione, cifra che già ieri aveva sfiorato dopo la presentazione dei risultati dell’ultimo trimestre fiscale.
La Mela ha superato Amazon, ma anche Alphabet e Microsoft, big che a loro volta puntavano a conquistare per primi la storica capitalizzazione da record. Tim Cook, nonostante lo scetticismo di qualcuno dopo la morte di Steve Jobs nel 2011, ha saputo portare a livelli altissimi l’azienda. Da evidenziare che da quando Jobs fu nominato CEO ad interim a oggi, il titolo Apple ha guadagnato oltre il 2000%.
Jobs, lo ricordiamo, tornò alla guida di una Apple in agonia. Tra i tanti “gufi” che avevano ipotizzato la fine di Apple come non ricordare la “storica” copertina di Wired del 1997: la famosa e suggestiva cover con il logo della Mela coronato di spine, simbolo della passione dell’azienda, su cui campeggiava la scritta “Pray!” (Pregate!). In quegli anni era facile lanciarsi in accuse compilando un elenco di errori: il CEO era Gil Amelio, a listino Apple aveva ancora il Newton, i G3 e si faceva concorrenza da sola autorizzando terze-parti a costruire cloni, la gamma di prodotti sul mercato era confusa e contraddittoria, c’erano settori dell’azienda che lavoravano in autonomia sfornando ogni settimana dispositivi che nascevano morti e servizi che non funzionavano e arrivavano in ritardo rispetto alla concorrenza.
Come non ricordare ancora l’infelice battuta dell’amministratore delegato di Dell, Michael Dell, nel 1997: Alla richiesta di sapere cosa avrebbe fatto alla guida di Apple, rispose «La chiuderei e restituirei i soldi agli azionisti». Steve Jobs si appuntò quella frase, che Dell avrebbe rimangiato anni dopo, scrivendo una mail di fuoco a Micheal Dell «Si suppone che gli amministratori delegati abbiano classe. Vedo che questo non è il tuo caso».
Tutto ciò è ormai un ricordo del passato. Dall’essere sull’orlo della bancarotta (Apple alla fine del 1996 aveva perso 867 milioni di dollari), dopo il ritorno di Jobs l’azienda ha saputo reinventarsi e rinascere puntando sempre più in alto con prodotti iconici come il primo iMac, l’iPod e l’iPhone. Alla data dell’annuncio dell’iPhone, Apple valeva 73,4 miliardi di dollari. Con Cook direttore operativo l’azienda valeva 346 miliardi di dollari. Ora vale una cifra inimmaginabile fino a qualche anno addietro.
Molti i futuri prodotti e servizi su cui, si vocifera, stia lavorando (incluso l’ingresso nel settore automotive e in quello della distribuzione via internet di film, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento). Intanto a settembre dovremmo vedere nuovi iPhone ma fra qualche anno lo smartphone sarà probabilmente un prodotto “marginale” e il futuro è fatto sempre più di servizi, come dimostra la sempre maggiore crescita di questo settore.… Per il momento, tanto di cappello a Tim Cook.
La storia di Cook è affascinante: nato in Alabama, uno degli stati più poveri degli USA e figlio di una famiglia di operai, l’attuale CEO di Apple è stato uno studente modello alle superiori e all’università, laureandosi in ingegneria industriale, poi conseguendo anche un master in management. La scalata al successo inizia con la sua assunzione in Compaq e IBM dove ha lavorato per 12 anni. Poi l’incontro che ha cambiato il suo destino: Steve Jobs lo convince ad abbandonare la strada nota per una avventura tutta in salita.
Il resto è storia. Già come responsabile delle operazioni Tim Cook ha esternalizzato ancora di più la produzione dei dispositivi Apple presso costruttori terzi. Grazie a lui Apple è diventata una macchina a orologeria su scala globale in cui la produzione è costantemente calibrata sulla domanda, riducendo quasi a zero scorte, magazzini e relativi costi. Per un ritratto del CEO di Apple vi rimandiamo a questo articolo.