Amnesty International ha lanciato una nuova campagna sui social media, in cui contesta ad Apple il “tradimento” di milioni di utenti cinesi di iCloud i cui dati personali “saranno sconsideratamente a disposizione del governo cinese”. Con un richiamo al noto spot televisivo “1984” di Cupertino, la campagna dell’organizzazione che si occupa di diritti umani, riprenderà il tema orwelliano con lo slogan riadattato “Tutti gli utenti di Apple sono uguali ma alcuni sono meno uguali di altri”.
La campagna prenderà il via proprio mentre il CEO di Apple Tim Cook, atterrerà a Pechino per co-presiedere un importante forum economico. “Tim Cook non parlerà agli utenti cinesi che continua a rassicurare sulla sicurezza dei loro dati. La realtà è che la voglia di profitto di Apple sta ponendo gli utenti cinesi di iCloud di fronte a grandi rischi per la loro privacy” dichiara Nicholas Bequelin, direttore per l’Asia orientale di Amnesty International.
“Quello spot che ha fatto la storia prefigurava un futuro distopico. Ora Apple sta contribuendo a realizzarlo. Tim Cook predica l’importanza della privacy ma per gli utenti cinesi questi impegni sono privi di significato. Sono puro bispensiero” prosegue Bequelin. “Grazie alla consegna del servizio cinese di iCloud a una compagnia locale senza garanzie sufficienti, le autorità di Pechino avranno un accesso potenzialmente completo a tutti i dati degli utenti cinesi di iCloud. Apple lo sa, eppure non ha informato i suoi clienti riguardo ai rischi” ha aggiunto Bequelin.
Il 28 febbraio Apple ha trasferito le attività del suo servizio iCloud per gli utenti cinesi a Guizhou-Cloud Big Data. Il trasferimento riguarda foto, documenti, contatti, messaggi e altri dati che gli utenti cinesi conservano sui server di Apple basati sul cloud. Il 1° febbraio Amnesty International aveva scritto ad Apple sollevando preoccupazioni sui cambiamenti imminenti e aveva chiesto all’azienda ulteriori informazioni. Apple non ha ancora risposto.
La legislazione entrata in vigore in Cina nel 2017 obbliga ai servizi di cloud di essere gestiti da aziende cinesi, il che significa che compagnie come Apple devono scegliere se abbandonare il mercato cinese o accettare imprese miste con partner cinesi. “Le leggi cinesi – spiega Ammesty – Danno al governo un accesso pressoché illimitato ai dati archiviati in Cina senza adeguate garanzie per la protezione della privacy, della libertà d’espressione e di altri diritti umani fondamentali”. “Di conseguenza, gli utenti cinesi di Internet rischiano il carcere per aver semplicemente espresso, comunicato o cercato informazioni o punti di vista sgraditi alle autorità”.
La campagna online di Amnesty International sollecita gli utenti a chiedere a Tim Cook di non applicare doppi standard riguardo alla privacy per i suoi clienti cinesi, i cui dati personali rischiano di finire nelle mani del governo. Il CEO Apple sarà a Pechino dal 24 al 26 marzo per co-presiedere il China Development Forum, il cui obiettivo è di rafforzare le relazioni tra il governo cinese e i leader economici mondiali. Nell’ultimo trimestre fiscale Apple ha fatto segnare profitti per 17,9 miliardi di dollari per la Grande Cina.
“Mentre Apple può sostenere che tratta i suoi clienti in modo uguale, alcuni di loro sono meno uguali di altri. I profitti non dovrebbero mai minacciare la privacy. Ora è il momento che Apple pensi differente riguardo alla privacy di milioni di clienti cinesi” sottolinea Bequelin. “Apple deve essere più trasparente sui rischi per la privacy dovuti ai recenti cambiamenti al servizio di iCloud in Cina”.