Un Natale strano, diverso. Forse qualcosa che è nell’aria, forse le continue notizie sull’uso e l’abuso di social, di connessioni, di smartphone e di tablet. Oggi che si parla sempre più di Internet of Things, ecco che all’improvviso compare una spinta quasi luddista verso il ritorno a tecnologie più umane e di basso profilo.
Nel biennio 2016–2017 una delle cose che hanno colpito di più l’immaginario è stato il ritorno del Nokia 3310, prima nella versione 2G e adesso, da pochi mesi, in quella 3G. Il telefono certamente è una riedizione di un apparecchio super economico destinato ai mercati emergenti ma con design gustoso che gioca sulla nostalgia. A noi di Macity è piaciuto, ma non è questo il punto. Prendetelo invece, se volete, come una bandierina, un segnale di qualcosa di differente, che sta emergendo dalle profondità della rete.
Abbiamo passato anni con gli importanti editorialisti e opinionisti dei grandi giornali impegnati a strologare sulla “onlife”, sul “popolo della rete” che non esiste, sulla normalità dell’essere sempre connessi, sulle regole più astruse per l’integrazione delle funzioni degli apparecchi specialisti, nati nella affannata ricerca tecnologica di cose nuove, in apparecchi generalisti che fanno praticamente tutto. Anche se apparecchi post-PC, insomma, tablet e smartphone fanno comunque la loro strada come macchinette le più generaliste possibili.
Invece, all’improvviso ma in maniera che non dovrebbe però essere sorprendente, c’è chi sta sempre di più nuotando controcorrente, allontanandosi da questa direzione. Non parliamo qui dei dirigenti di Facebook e degli altri grandi social che abbandonano le creature da loro stesse create, si pentono delle invenzioni come il pulsante “Like” e magari tengono i loro figli alla scuola steineriana, senza mai fargli vedere neanche una televisione, figuriamoci schermi touch, videogiochi e realtà virtuale.
Come nelle leggende metropolitane – ma sono poi tali? – della Pechino sommersa dall’inquinamento e alimentata a suon di OGM per nutrire i milioni di abitanti accatastati nelle immense periferie cittadine, i dirigenti del partito hanno invece accesso a zone protette, con l’aria buona e cibi di coltura biologica, così anche i figli della élite tecnologica della Silicon Valley vivrebbero un ambiente più sano di quello che preparano per noi e nostri figli. Ma si sa che anche i figli dei fondatori di Burger King aveva un cuoco francese e un dietologo che sovrintendevano alla loro alimentazione.
Quel che succede adesso, invece, è un passaggio differente, più minimalista, forse quasi galeotto e garibaldino. Vale la pena di indagarlo senza bisogno di andare troppo lontano, aprendo invece la strada a un paio di cose che stanno succedendo da noi, in Italia. Cosa fanno i nostri pesci pilota?
Scrive ad esempio Federico Pistono, imprenditore e docente in Italia e negli USA, che si definisce «Una persona che ama risolvere problemi»: «Siamo così presi dalle nostre vite quotidiane con varie distrazioni digitali che non ce ne rendiamo più conto. Email, Slack, WhatsApp, Facebook, Messenger, Instagram, Twitter, il tuo nome. Le persone in media controllano il telefono 150 volte al giorno. 150 volte. Questo non è buono. E alcuni di noi toccano, sfiorano o comunque guardano il telefono 2.617 volte al giorno. È folle».
Già. Folle. Come dargli torto? Qui arriva la risposta molto particolare a questo tipo di situazione, però: «Ho un Kindle. Leggo libri lì dentro. Non voglio che il mio Kindle legga le e-mail, mostri video, navighi su Internet o faccia altro che consentirmi di leggere un libro. In effetti, dovrebbe sembrare in tutto e per tutto come un libro. Senza retroilluminazione e con una sensazione di carta».
Il ragionamento di Pistono è orientato a una idea: c’è spazio per i dispositivi monouso. Per le cose che fanno solo una cosa. In una vita super connessa e sempre connessa, c’è spazio per altro: bisogna scendere dal tapis roulant della rete. Ma questo però non vuol dire gettare anche il bambino con l’acqua sporca, come si dice. Invece, c’è spazio per altro.
Continua Pistono «Le nostre scatole magiche, sempre connesse, di uso generale, che possono fare tutto, contribuiscono al problema di “attenzione parziale continua”, limitando fortemente la nostra capacità di concentrazione e, forse, persino abbassando il QI. Uno studio recente ha dimostrato che la semplice presenza di smartphone danneggia la capacità cognitiva, anche quando il dispositivo è spento. Siamo distratti, sempre, senza mai prestare la massima attenzione a nulla, a meno che non ci connettiamo fisicamente».
Scrivevamo prima che c’è la fuga dai social. È stato già scritto che Justin Rosenstein, l’ingegnere che ha creato il pulsante “Mi piace” di Facebook, ha incaricato il suo assistente di impostare una funzione di controllo parentale per impedirgli di scaricare qualsiasi app. Dice Pistono: «Siamo davvero come dei bambini, e i più saggi stanno semplicemente riconoscendo questo fatto, agendo di conseguenza. Prevedo che in futuro vedremo sempre più dispositivi monouso, adattati a specifiche esperienze, che svolgono un ruolo e nient’altro.
Possiamo spegnerli semplicemente mettendoli da parte o inserendoli in un cassetto. Psicologicamente, è più facile mettere da parte qualcosa che viene usato per una sola cosa e mettere da parte tutto il resto e concentrarsi mentre si sta facendo quella cosa».
Dopotutto, George R.R. Martin, l’autore di Game of Thrones, scrive con un antiquato computer MS-DOS vecchio di decenni, che non ha email, niente internet e nessun controllo ortografico. Perché? Per non essere distratto, per non essere sommerso dalle funzioni inutili e per non dover cambiare contesto in continuazione a causa delle micro interruzioni (ma poi c’è chi dice che in particolare Martin è comunque sempre distratto, visto il ritardo decennale nel finire la sua serie di libri più famosa. Ma questo è un altro discorso ed ha a che fare più in generale con la capacità di procrastinare degli artisti).
Martin comunque dice cose interessanti circa il suo vecchio PC sul quale gira Wordstar 4.0: «Mi piace davvero, è fantastico. Fa tutto ciò che voglio fare con un programma di elaborazione testi e non fa nient’altro. Non voglio aiuto. Odio alcuni di questi sistemi moderni in cui si digita una lettera minuscola e diventa una maiuscola. Non voglio una maiuscola. Se volessi un maiuscola, avrei digitato una maiuscola. So come funziona il tasto maiuscole». Uno sfogo, ma più che comprensibile.
Cosa sta dicendo Pistono, insomma? Che i sistemi onnivori, per così dire, fanno pasticci: «Quando una nuova tecnologia è disponibile ed è abbastanza potente, iniziamo a mettere tutto dentro, e presto diventa un pasticcio travolgente. Lo vediamo in continuazione. È successo con le auto, gli orologi, i computer e adesso con pagine web. Poi la ragione interviene. Gli scienziati comportamentali, i progettisti di UX e HMI iniziano a pensare meglio a ciò che dovrebbe esserci, e cosa non dovrebbe. Apple e altre aziende, ad esempio, stanno iniziando a rendersene conto, introducendo una modalità “Non disturbare” su telefoni e computer».
Quanti di noi utilizzano la funzione “non disturbare”? Quanti di noi hanno almeno limitato il numero delle notifiche che compaiono sugli schermi? Quanti vogliono che Apple Watch vibri in continuazione per ogni tweet, ogni ping, ogni sms, ogni whatsapp, ogni like, ogni cuoricino? Osserva Pistono: «La tentazione però è troppo grande: quando le distrazioni sono ad un clic di distanza, invece che a una stanza di distanza. Per questo ho disinstallato la posta e la messaggeria dal mio iPad. Continuavo a interrompere i film che stavo guardando o i disegni che stavo facendo. Perché? È stupido, lo so. Ma la tentazione era lì, era facile troppo facile. “Questo mi fa pensare a …”: apri Safari e controlli. “Dove ho visto quell’attore prima?” – vai a controllare su IMDB. Mi ci è voluto troppo tempo per rendermi conto che stavo negoziando un’esperienza coinvolgente con un caos distratto e che cambiava il mio modo di pensare e gustare le cose. Un film diventa meno prezioso, meno interessante. Un libro era meno accattivante».
Pistono però è un inventore, un futurologo, uno studioso dei tempi moderni e non un luddista. Non vede la fuga dalla tecnologia come risposta: non ci trasformeremo tutti in tanti Dinamite Bla, nascosti come eremiti in cima alla montagna, pronti a sparare su tutti i Paperoga tecnologici che vengono a cercarci. Ecco dunque l’intuizione di Pistono: «Dobbiamo cambiare alcune cose.
Poiché la tecnologia diventa più economica e più affidabile, prevedo che i dispositivi monouso torneranno e si diffonderanno nuovamente. Ci aiuteranno a differenziare mentalmente i compiti cognitivi e associare comportamenti specifici con oggetti fisici, piuttosto che astrarre tutto in un singolo dispositivo magico che fa tutto, ma che ci lascia anche intrappolati in un flusso di distrazioni continue. Meno è di più, quasi sempre».