Apple supera qualsiasi altra società, non solo di tecnologia ma anche nell’industria della gioielleria, per quanto riguarda l’approvvigionamento responsabile, più precisamente per le forniture di minerali conflict-free, non provenienti da business legati ai finanziamenti di guerre e conflitti.
Enough Project, organizzazione non a scopo di lucro specializzata nell’indagare cause dei genocidi, da tempo si occupa anche di monitorare le catene di approvvigionamento dei big dell’IT per assicurare che i minerali che finanziano la violenza non finiscano nei dispositivi che utilizziamo ogni giorno.
Il report 2017 di questa organizzazione ha preso in esame 20 tra le più grandi aziende in base alla loro capitalizzazione di mercato, tenendo conto dei minerali maggiormente utilizzati nel settore dell’elettronica e della gioielleria al dettaglio: stagno, tungsteno, tantalio e oro. Dalla classifica Apple emerge come “leader indiscussa” nelle metodologie usate dalle sue catene di fornitori per l’approvvigionamento responsabile. Cupertino si è piazzata al primo posto di questa classifica; tra le aziende IT completano lo schieramento: Alphabet/Google (secondo posto), HP (terza), Microsoft (quarta) e Intel (quinta).
Apple da tempo si batte per l’approvvigionamento responsabile, in modo che i minerali usati nei suoi prodotti, per esempio stagno, tantalio, tungsteno e oro, non contribuiscano a finanziare conflitti armati. Anziché smettere di rifornirsi nelle regioni in cui tali pratiche sono diffuse, da tempo collabrora con i fornitori per cambiare la situazione. Nel dicembre 2015, dopo cinque anni di sforzi, è stato raggiunto un traguardo importante: nella filiera Apple per i prodotti più recenti, la percentuale delle fonderie e delle raffinerie che aderiscono a programmi di auditing esterni sulla provenienza dei minerali è arrivata al 100%. Grazie a questi programmi di controllo, le procedure di approvvigionamento sono migliorate nelle fonderie e in tutto il resto del settore minerario.
Apple ogni sei mesi pubblica un elenco (qui in PDF) delle fonderie e delle raffinerie che fanno parte della sua filiera, indicando oltre al loro nome anche il paese in cui si trovano, e se partecipano o meno al Conflict-Free Smelter Program (programma CFSP),
Conoscendo la provenienza dei minerali, le aziende possono avere la certezza di usare risorse non provenienti da zone di conflitto. La multinazionale di Cupertino ha più volte spiegato che per dichiarare un prodotto conflict-free non basta partecipare a programmi di auditing promossi da altri. È necessario un impegno costante, anche perché alcune fonderie che hanno superato l’audit esterno continuano a rifornirsi presso miniere colluse con i gruppi armati. Oltre a segnalare ogni legame con i gruppi armati della Repubblica Democratica del Congo che in qualche modo coinvolga la filiera, l’azienda è impegnata a cercare soluzioni con le autorità competenti.
Ricordiamo che recentemente Amnesty International ha lodato Apple per i risultati ottenuti nella lotta contro le forniture di cobalto del Congo e dalle miniere che impiegano lavoro minorile. Secondo l’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani le metodologie impiegate da Cupertino devono essere prese come esempio da tutte le altre multinazionali del settore IT e non solo.