Apple sembra molto decisa respingere le accuse che salgono da alcuni settori della società americana al suo indirizzo. Prima, una serie di azioni volte a dimostrare che non solo esiste una coscienza sociale a Cupertino e che uno degli obbiettivi societari è quello di migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti dei suoi parter, ora una pagina dedicata a spiegare come sia priva di fondamento la critica in base alla quale Apple stia arricchendo di posti di lavoro (di bassa qualità…) i paesi asiatici e impoverendo gli USA
Quanto pesi, al contrario di quel che si ritiene, il business Apple in termini di impiego per il paese a stelle e strisce, è simboleggiato da una cartina degli USA sulla quale campeggia un numero: 514.000. Si tratta della quantità di persone che dipendono, direttamente o indirettamente (posti di lavoro creati o supportati dice la didascalia), dalla Mela.
Apple scende nel dettaglio: 47mila sono i dipendenti di Apple, 257mila quelli che lavorano per vendere prodotti Apple, per sviluppare o produrre componenti, per i trasporti, nella sanità, nei servizi. A questi si aggiungono altri 47mila dipendenti che lavorano nei negozi, un numero che sale a 70mila se si considerano i dipendenti che lavorano all’estero. Altre 50mila persone lavorano direttamente per l’ecosistema dei negozi Apple. La nota stima in 7800 i nuovi posti di lavoro creati negli USA per il 2011 per i soli negozi, 19500 dal 2008. Infine, 7000 persone saranno impiegate per costruire il nuovo campus di Cupertino.
Interessante il dato che riguarda la cosiddetta App Economy. Secondo Apple sono 210mila i lavori che ruotano intorno alle applicazioni, 5000 le posizioni aperte sull’aggregatore Indeed.com. Apple ha distribuito agli sviluppatori 4 miliardi di dollari in percentuali di vendita sulle app vendute.
La questione sui posti di lavoro, lo ricordiamo, è caldissima. Negli USA è in atto un attacco concentrico a sfondo politico, connesso alle elezioni presidenziali americane, che si incentra intorno alla spinosa problematica della delocalizzazione. L’accusa portata all’amministrazione Obama è quella di non avere fatto nulla per preservare la struttura produttiva americana concedendo che le grandi aziende, di cui Apple è un simbolo d’eccellenza molto visibile e in quanto tale molto “comprensibile”, portassero altrove i loro impianti. Un articolo molto dettagliato al proposito è stato pubblicato dal New York Times (che pure è di impronta liberal e democratica) che spiegava le ragioni e le ricadute delle scelte compiute da Apple proprio i fatto di delocalizzazione. La pagina pubblicata oggi è evidentemente una risposta diretta a quell’articolo e alle critiche che ne sono seguite.