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Twitter, piccole regole e grandi suggerimenti – Parte Seconda

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Abbiamo visto nella Prima Parte a che cosa serve e come si usa in linea di massima Twitter. Il sistema è in pratica un social network, che sta oltretutto evolvendo molto rapidamente: presto dovrebbero essere pronti sistemi di gestione dei contatti, di georeferenziazione e soprattutto di analisi dei dati di contatto sui propri cinguettii che le aziende adorano e per i quali saranno disposte anche a pagare. Ma le tecniche di uso di Twitter non si fermano qui.

Secondo il famoso giornalista del New York Times David Pogue – che ha dedicato uno dei suoi Missing Manuals proprio allo standard – c’è da fare parecchio per usare bene Twitter. Nel suo The World According to Twitter, infatti, Pogue raccoglie 25mila cinguetti tra i più strani, particolari e illuminanti, 2.524 di questi sono arrivati sul libro e toccano emozioni, tristezza, felicità , umorismo surreale, casualità , religione, passione, amore, libertà , politica, lavoro e mille altre cose.

(Un esempio in inglese, ovviamente: Thomas Hobbies: Life is just a bunch of nasty, brutish and short weekend projects (@louielu12))

Secondo l’editore Tim O’Reilly, che si è realmente appassionato a Twitter (la sua presenza online ha dell’inquietante) e che sta promuovendone l’uso da tutte le parti, si tratta di una tecnologia strategica. Ha dedicato un libro, scritto da lui assieme a Sarah Milstein, The Twitter Book, in cui elargisce trucchi e segreti per gestire al meglio Twitter. Eccone alcuni:

Se volete realmente rendere utile il vostro Twitter – scrive O’Reilly – dovete riflettere su quattro punti chiave della vostra strategia di comunicazione. Il vostro nome, controllate sempre cosa ne scrive la gente. Non perdete i messaggi che vi vengono mandati, e rispondete sempre, ricordando anche di seguire chi vi segnala: loro seguiranno voi. Dal vostro business traete spinte per comunicare con chi potete e riuscite, mentre da quello altrui fate attenzione e seguitelo: potrete prendere buone idee o capire a che punto è la concorrenza!

Soprattutto, è utile imparare prima “ascoltando” quel che dicono gli altri. Come lo slang degli SMS, ci sono molte comunicazioni super-veloci e super-rapide, piene di scorciatoie e sigle. Molto giovanili: se siete nel target, seguitele e divertitevi con i vostri pari. Se invece volete usare Twitter per motivi diversi, cercate di capire quali possibili stili di scrittura vi interessano e fateli vostri, cercando di adattarli al vostro ruolo e obiettivo comunicativo.

Non c’è niente di peggio che il direttore di un grande giornale nazionale che messaggia come un ragazzino, cose anche interessanti ma futili e comunque limitate, e un assessore di provincia che elargisce sermoni sul senso della vita e la politica internazionale come neanche a Palazzo Madama.

Le strategie di comunicazione di Twitter devono risultare tanto più semplici quanto più è complesso il mondo in cui Twitter trasmette. I messaggi infatti finiscono sul sito Web che ne tiene traccia e permettono di cercarla anche a chi vuol solo leggere e non vi segue direttamente. Mentre il software che usate per azionare Twitter sul vostro Mac o sul vostro iPhone magari non ha la capacità  di farvi fare tutto quel che volete (controllare messaggi, creare liste, vedere cosa stanno facendo gli altri e quelli vicini a voi, rispondere in maniera rapida).

Infine, due notazioni: si possono inserire indirizzi Internet, che vengono accorciati grazie alla funzione apposita del sistema, che utilizza in realtà  siti terzi per fornire una versione più corta degli URL. La seconda è invece legata alle immagini: si possono inserire immagini per dare ancora più colore e atmosfera ai propri cinguettii. Le immagini vengono archiviate in siti che gratuitamente consentono questo servizio (tipo Twitterpic) e vengono semplicemente linkate all’interno del vostro cinguettio.

Come ultima cosa: un video in inglese di un panel di esperti sulle strategie per far crescere il proprio brand grazie a Twitter. A parlare ci sono rappresentanti di Comcast, Startbucks, KogiBBQ e un venture capitalist americano. Un’idea di come si muovano i professionisti in un mondo in cui le distanze e le differenze sono livellate: anche qui da noi.

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