Vari accordi che Apple ha siglato con le etichette discografiche per la riproduzione di musica in streaming su Apple Music sono in scadenza e la multinazionale di Cupertino sarebbe riuscita a ottenere tariffe inferiori negoziando nuovi accordi. Lo riferisce Bloomberg spiegando che Warner Music Group fornirà ad Apple il suo vasto catalogo con nomi quali Ed Sheeran, Red Hot Chili Peppers e Bruno Mars, sia per gli acquisti su iTunes, sia per la riproduzione con il servizio di musica in streaming Apple Music.
I grandi nomi del mondo IT e i titolari dei diritti d’autore stanno pensando a programmi-quadro su come gestire le quote per proventi generati dallo streaming on-demand, in questo momento la fonte di maggiore reddito per l’industria discografica. I titolari dei diritti sembrano disposti ad accettare una quota leggermente inferiore per la riproduzione di musica nei servizi online, questo grazie al sensibile aumento degli abbonati.
Oltre che con Warner Music Group, Apple sta chiudendo nuovi accordi con Sony Music Entertainment e Universal Music Group. La musica è da tempo un settore fondamentale per Apple. Secondo quanto riportato dall’International Federation of the Phonographic Industry, a livello globale la vendita di musica è crescita del 5,9% arrivando a 15,7 miliardi di dollari nel 2016. Goldman Sachs prevede che questi numeri arriveranno a 41 miliardi di dollari nel 2030.
I servizi per lo streaming contribuiscono in modo non indifferente ai ricavi di Apple che per il 2020 punta per questo settore ai 50 miliardi di dollari. Il prossimo anno Apple avrebbe intenzione di spendere 1 miliardo di dollari, destinati, tra le altre cose, alla creazione di contenuti originali per Apple Music, soprattutto serie TV in video streaming.
Spotify, concorrente di Apple Music, al momento offre alle grandi case discografiche il 55% dei ricavi, contro il 58% offerto finora da Apple. Prima delle indiscrezioni su questo nuovo accordo di Cupertino, sembra che anche il leader della musica in streaming Spotify sia riuscito a siglare un accordo con Warner Music Group per ridurre le percentuali versate dal 55% al 52% circa. Accordi per percentuali inferiori sembra siano stati siglati anche con YouTube.
Anche se a prima vista la riduzione dei compensi potrebbe portare a profitti inferiori per autori e detentori di diritti, in realtà i colossi della musica sono ora più disponibili a rivedere al ribasso le percentuali versate dalle società IT e dai servizi di streming, video e Internet. Questo è dovuto alla sensibile crescita degli abbonati, soprattutto quelli a pagamento: se il conteggio degli utenti registrati continuerà ad aumentare per Spotify, Apple Music e concorrenti, è molto probabile che accordi simili verranno siglati anche con Sony. C’è però una eccezione: Universal Music Group, l’attore principale in questo settore, titolare delle maggiori etichette, sembra sia ancora riluttante nel concedere le riduzioni delle percentuali richieste dai big della tecnologia.