Ipocrita. Questa la definizione con la quale Wayne Rosso, da molti anni una figura molto attenta a tutto quanto ruota intorno all’industria discografica, definisce il Grammy Award postumo assegnato dalla The Recording Academy a Steve Jobs. L’accusa è contenuta in un post al vetriolo pubblicato sul suo sito dove parla anche di operazione di cattivo gusto, tinta di cinismo e opportunismo.
Le ragioni? Rosso, ricorda quanto ha dovuto scalpitare Jobs prima di riuscire a trascinare le etichette su iTune. Prima di allora Doug Morris, il settantenne CEO di Sony Music (in precedenza amministratore delegato di Universal Music) aveva definito l’iPod “l’archivio della musica rubata” condannando Warner e Sony che si erano fatti (a suo modo di vedere) fregare come dei bamboccioni con i termini imposti da Apple per iTunes (brani a 99 centesimi e coltello dalla parte del manico di Apple). Quando l’iniziativa di Apple si è, invece, rivelata vincente, permettendo agli autori di guadagnare quote importanti con i diritti d’autore, le major hanno cominciato a chiedere maggiori percentuali sulle vendite. Doug Morris era quello che voleva dare una lezione a Jobs e tento anche di avviare l’iniziativa denominata “Total Music”: un marchio non propriamente conosciuto oggi e la verità che oggi tutti nascondono e che le etichette discografiche più potenti odiavano Steve Jobs.
Secondo Wayne Rosso, per altro, è vero che Apple e Steve Jobs hanno avuto un ruolo fondamentale nella trasformazione dell’industria musicale, ma il Grammy, a suo dire, andava assegnato a qualcun altro, ad esempio a Michael Robertson (il CEO di MP3.com che ha contribuito a rendere popolare il formato) o alla Diamond per aver inventato il primo lettore Mp3.
[A cura di Mauro Notarianni]