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Gene Munster «Per i fornitori firmare con Apple è un patto col diavolo»

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Le vendite di Cirrus Logic, l’azienda texana che produce chip audio, sono cresciute di oltre il 25% rispetto allo scoro anno e le sue azioni sono cresciute di oltre il 70% negli ultimi 12 mesi. Nonostante guidi un gruppo con una capitalizzazione di mercato da 4 miliardi di dollari, l’amministratore delegato Jason Rhode ha difficoltà nello spiegare agli investitori informazioni dettagliate su come sono stati ottenuti gli ottimi risultati. Il più importante cliente del gruppo, rappresenta i due terzi delle entrate annuali e fino all’85% del trimestre che è terminato a dicembre. Il cliente così particolare e prezioso non è nominato da Rhode ma gli investitori di Cirrus sanno di chi sta parlando: Apple.

Lo scorso anno, spiega il sito Financial Review, appena i mercati hanno intuito l’enorme richiesta di iPhone 7, il titolo Cirrus è balzato dall’8% in una sola giornata. Dipendere così tanto da Apple non è ad ogni modo semplice. Come dimostra quanto accaduto recentemente con Imagination Technologies, il solo sentore che Apple ha deciso di non avere più a che fare con la società inglese, ha fatto crollare il titolo di Imagination in borsa, bruciando due terzi di valore. Lo stesso sta accadendo anche per Dialog, fornitore di chip di gestione alimentazione di iPhone, con la quotazione azionaria in picchiata a partire dalle voci che indicano Cupertino intenzionata a progettare internamente anche questa componente.

Nelle slide di Cirrus con le presentazione per gli investitori, Apple è indicata come "cliente numero 1".
Nelle slide di Cirrus con le presentazione per gli investitori, Apple è indicata come “cliente numero 1”.

Apple è stata per anni il principale cliente di Imagination, azienda che fornisce alla Mela tecnologie legate ai processori grafici (GPU) di iPad e iPhone; tra l’altro ha anche una quota dell’8% del suo capitale e in passato aveva pensato a un’acquisizione. A Cupertino adesso hanno deciso di fare da soli, così come fatto in passato per il SoC degli iPhone, per il SIP degli Apple Watch, per il chip W1 degli Airpods, per il T1 che gestisce le funzionalità Touch ID sui MacBook Pro.

Quando qualcuno non può dargli ciò che desiderano, Apple è ormai in grado di fare da sola con il vantaggio di costruire “in casa” ciò di cui ha bisogno, impedendo allo stesso tempo ad altri di accedere alle stesse tecnologie o capire su cosa stia lavorando. L’analista Gene Munster dice che investire nei fornitori Apple è un po’ come “giocare alla roulette russa”; per le aziende “è il classico patto con il diavolo”. “Sai che pagherai un prezzo per quello che stai facendo, che si tratti di essere abbandonati di punto in bianco o essere schiacciati per quanto riguarda i profitti”.

Cupertino
L’improvvisa rottura dei rapporti con Apple potrebbe sembrare un pratica commerciale senza scrupoli ma evidenzia come Cupertino stia sempre più puntando ad affinare e rendere uniche tecnologie centrali nei suoi prodotti. Creando da sola ad esempio la GPU,  Apple può controllare come vuole una componente che è essenziale non solo nel mondo dei giochi ma anche per quelli che molti analisti prevedono essere le tendenze future: intelligenza artificiale e realtà aumentata.

La potenza di fuoco di Apple riguarda i produttori di componenti piccoli e grandi. Recentemente è circolata voce dell’interessamento di Apple alla divisione semiconduttori di Toshiba che produce le memorie NAND (per il momento il partner storico Foxconn sembra quello più “papabile” a chiudere l’affare). Anche la citazione in giudizio di Qualcomm serve per fare capire al produttore di chip-modem che la Mela potrebbe dire addio se non rivedrà il meccanismo di royalty anche se, per queste componenti, un distacco completo da Qualcomm o Intel sembra decisamente più lontano nel tempo.

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