Ce n’è di carne al fuoco. Anzi, di Wikipedia alla brace. In particolare, una ricerca condotta per cercare di capire come sia composta la demografia degli utilizzatori di Wikipedia, che con 60 milioni di visitatori al mese è uno dei siti più popolari del pianeta, ha scoperto che a giro per il pianeta sono a maggioranza gli uomini quelli che se ne servono.
In particolare nella ricerca Merit condotta dal programma delle nazioni unite e dalla stessa fondazione Wikimedia, che è alla base di Wikipedia, è risultato che, su 53.888 persone interpellate e che hanno risposto validamente ai quesiti degli studiosi, solo 6.814 tra i contributori (quelli cioè che scrivono o modificano voci dell’enciclopedia online, che l’hanno fatto almeno una volta) erano donne. Invece, migliora la percentuale nel caso si tratti di chi la legge: il 31% sono donne e il 69% uomini. Le risposte provenivano da un gruppo prevalentemente giovane: 26 anni gli uomini mediamente e 24 le donne.
Differente la polemica che sta partendo nuovamente negli Usa. Secondo uno degli opinionisti di Zd Net Education, branca dedicata al mercato dell’educazione e dell’e-Learning del popolare gruppo editoriale online, Wikipedia magari non sarà altrettanto autorevole o ben fatta stilisticamente rispetto all’Enciclopedia Britannica, ma di sicuro è molto più ricca di spunti, citazioni e bibliografie precompilate soprattutto nei soggetti scientifici che vengono richiesti agli allievi in questi giorni di ritorno a scuola.
E quindi la domanda: perché non lasciare che essi la utilizzino senza problemi? Perché cercare di bloccare questo accesso oltretutto gratuito all’informazione premasticata e preimpostata, che potrebbe fare tanto bene per alzare i voti e migliorare, almeno tatticamente, l’andamento dei voti, se solo i giovani imparassero a discernere i buoni link dai cattivi link proposti dall’enciclopedia?
“Insegniamo ai nostri ragazzi – dice il giornalista Chris Dawson – a essere lettori critici e a seguire tutti i link di Wikipedia, anziché insegnare loro che Wikipedia non è una fonte di informazione legittima”.