Due dati colpiscono la nostra attenzione, due accadimenti apparentemente diversi che invece portano a una riflessione unica. Il primo è relativo a un supplemento di un grande quotidiano nostrano dedicato all’orologeria. Un appuntamento annuale o poco meno, ma comunque a tutti i grandi quotidiani perché gli eventi di orologeria vengono sponsorizzati dai grandi marchi dell’orologeria stessa (le varie Rolex, Swatch, Panerai, Cartier, Omega e tutti i marchi collegati) e richiedono supplementi riccamente illustrati. In questo in particolare si parla di lusso e non solo. Il segnatempo, soprattutto per gli uomini che non ne portano altri, è sempre più un gioiello, un accessorio che definisce lo status più che una effettiva necessità di sapere che ore sono.
In questo ricco supplemento di alcune decine di pagine, dunque, ci sono dentro molte cose. Pagine dedicate ad orologi che pochissimi si possono permettere (parliamo di centinaia di migliaia di euro) che pochi si possono permettere (decine di migliaia di euro), che un po’ più persone possono permettersi (3–5 mila euro) e poi orologi dai mille euro in giù: al quarzo, meccanici da tutti i giorni, gli immancabili Swatch, i vari Casio e Seiko, i tanti fashion watch fatti da marchi di moda come Gucci o Diesel, che rimarchiano orologi prodotti da terzisti (famosissima nel settore l’italiana Binda).
E poi c’è la paginetta con gli “strani ma vero”, tutta fatta di generalmente brutti orologi smart e sportivi. Roboni neri o dai colori cupi, schermi che sembrano televisori in miniatura e un sacco di funzioni. Alcuni da trekking e da corsa per i quarantenni che vogliono sentirsi giovani e correre la mezza maratona, altri da impallinati della tecnologia che vogliono compilare le liste di cose da fare mentre sono in coda al supermercato. Nel mezzo, c’è sempre l’Apple Watch, uno tra i tanti.
Seconda cosa: i risultati finanziari di Apple. In passato Tim Cook aveva già chiarito che il business di Apple Watch nel settore dell’orologeria è secondo solo a Rolex e domina su tutti gli altri marchi (ovviamente non aggregati). Adesso, conti alla mano, salta fuori che dopo iPhone 7 il prodotto che è cresciuto di più per Apple è proprio il Watch. La coppia Serie 2 (più autonomia, impermeabile e GPS di qualità) e Serie 1 (stesso processore del nuovo a prezzo più competitivo) hanno fatto crescere ancora il prodotto.
E qui arrivano le nostre considerazioni. Di che cosa stiamo parlando? Cosa sarebbe il mercato degli smartwatch? È possibile che esista un mercato per gli Apple Watch e non per gli smartwatch, così come esiste sostanzialmente un mercato per gli iPad ma non per gli altri tablet, che senza gli iPad sarebbero una categoria zoppa e probabilmente destinata rapidamente a scomparire?
E poi: a parte gli orologi “sportivi” (Gps, navigatori e cardiofrequenzimetri, tra le altre cose, app o non app), che non sono particolarmente smart, c’è davvero bisogno di pensare agli orologi “smart” come a una categoria staccata da quella dei telefoni? Dopotutto finora è presto per pensarci, perché senza telefono gli “smartwatch” (cioè Apple Watch) non funzionano.
Se cominciassimo invece a pensare agli Apple Watch come dei semplici “watch”, orologi, e non degli “smartwatch”, degli orologi smart? Il mercato degli orologi tradizionali, divisi tra automatici, meccanici e al quarzo, non fa distinzione e li considera tutti orologi di fasce diverse. Magari potrebbe esserci una fascia dove sta soprattutto Apple e, in punta di piedi, anche qualcun altro. No?
Al vostro cronista insomma non sembra che parlare di smartwatch per l’Apple Watch abbia senso. Possiamo smetterla?