Un tempo alle cene tra Apple user gli utenti più affezionati si riconoscevano per la generazione del primo Mac posseduto o per il ricordo più remoto dell’azienda. C’era chi aveva iniziato con un MacBook Pro nel 2012 (“Quello ancora con il CD!”) e chi li batteva con un MacBook Air prima versione nel 2007 (“Aveva una sola USB!”). Poi qualcuno giocava il jolly dell’iBook G3 (“Era beige!”), del Titanium G4 (“Si apriva a 180 gradi!”), magari di qualche PowerPC, quindi emergevano i “vecchietti” che predatavano l’iPod, (anno domini 2001) con improbabili Macintosh Plus ed SE30.
C’era allora chi la buttava in pubblicità: chi si ricorda quelle delle silhouette colorate degli iPod? E quelle di “I’m a Mac, I’m a PC”? Su su fino a risalire ai grandi capisaldi del settore, come la campagna “Think Different”, doppiata in italiano da Dario Fo e ricca di significato per tutti gli amanti del Mac e non solo. Con quella campagna Steve Jobs disse al mondo che era tornato alla guida di Apple e suonò la carica per uno dei più straordinari secondi atti della storia dell’imprenditoria mondiale. Quanta storia, quanti ricordi.
Tuttavia, bisogna essere davvero vecchietti — molti lettori di questo sito non erano ancora nati oppure stavano felicemente attaccati alle grazie delle loro madri, suggendo latte materno per pranzo e per cena -– per aver assistito in diretta al lancio della ormai mitologica pubblicità “1984”.
Per i più giovani: venite qui vicino, tutti attorno al fuoco, che il nonno adesso vi racconta una storia. Aspettate che il nonno si sistema la coperta sulle ginocchia e preparatevi a sentire una storia come non se ne sentono purtroppo più.
Era la fine degli anni Settanta, inizio degli anni Ottanta. Steve Jobs, giovane e ambizioso, stava combattendo su tre fronti. Aveva tenuto in scacco il suo consiglio di amministrazione (che poco dopo l’avrebbe definitivamente silurato); il pubblico che era in attesa di un nuovo, rivoluzionario prodotto; e il team del Lisa, che stava costruendo il nuovo rivoluzionario prodotto condannato però a breve vita e ancor più breve fama.
Il dinamico e proteico Steve Jobs aveva messo tutto se stesso nel progetto ereditato da Jef Raskin, e stava costruendo con le macchine a tutto vapore il Macintosh. Il lancio sarebbe stato nel 1984, lo sanno anche i sassi, ma per scaldare l’atmosfera si decise di produrre uno spot da trasmettere una volta sola, durante il Super Bowl, la cerimonia sportiva più importante di sempre negli Usa.
Il consiglio di amministrazione di Apple non voleva e, quando vide lo spot realizzato da Ridley Scott (il regista di Blade Runner e di Alien) rabbrividì. Steve Jobs tenne duro, lo slot non venne venduto (si disse che non era possibile, per fare resistenza) e lo spot dunque fu trasmesso. È lo spot della lanciatrice del martello, unico personaggio colorato in un mondo grigio e pauroso ambientato nel Grande Fratello di George Orwell. La giovane donna, nella realtà un’atleta, con un colpo ben assestato spezza il grigiore del megaschermo (su cui campeggia una evidente parodia di Ibm) e apre le menti dei lemmings presenti in sala, in modo che il 1984 non sia davvero un “1984”.
Non si vede il prodotto, si sa solo che Apple presenterà “il Macintosh” (che poi è un tipo di mela e quindi suona come: “La Mela presenterà le Renette”) e tutto finisce così. Fu uno degli spot più famosi e importanti di sempre. Venne visto da milioni di persone e tutti ne parlarono per giorni e per settimane. Venne addirittura riproposto in sala da Steve Jobs, trent’anni dopo, per celebrare il Mac e l’iPod (infatti con l’aiuto di Pixar alla lanciatrice del martello era stato aggiunto un iPod bianco) ma l’emozione di chi lo vide all’epoca, o di chi lo trovava quasi di contrabbando come filmato QuickTime di dimensioni lillipuziane in qualche Floppy Disk o in qualche CD-Rom per Mac lo passava agli amici neanche fosse stato un documenti carbonaro in vista della rivoluzione del ’31.
Cosa successe dopo quel 17 gennaio del 1984 è storia. Il Macintosh stupì tutti e, anche se la prima versione era troppo poco potente e costosa e vendette relativamente poco, segnò un passaggio storico nell’esperienza del personal computer. Creò una rivoluzione che cambiò la faccia del mercato, trasformando la vita di centinaia di milioni di persone; una spinta che ancora non si è estinta. Il vostro cronista, dopo un numero di Mac fin troppo generoso da rammentare, scrive queste righe sul suo MacBook Air 11 del 2011, oramai un veterano stagionato. Ma la leggenda del Mac continua, con nuovi portatili e (si spera a breve) nuovi desktop. Una leggenda che porta avanti quella rivoluzione grazie alla quale il 1984 non è stato un “1984”.