Solo urlando non si cambiano le cose. È questa la ragione per cui il CEO di Apple Tim Cook ha incontrato Donald Trump in un summit alla Trump Tower di New York. È stato lo stesso Cook a spiegare che la volontà di vedere faccia a faccia il presidente eletto degli Stati Uniti, ma anche uno dei più importanti critici delle scelte attuate da Apple nel corso degli ultimi anni in materia di delocalizzazione del lavoro, è stata dettata dalla necessità di dialogare per capire e spiegare le rispettive ragiomi.
Cook ha affrontato la materia rispondendo ad alcune domande sulla bacheca per la messaggistica aziendale, spiega TechCrunch, cercando di mitigare i dubbi di dipendenti sulla scelta di sedersi intorno ad un tavolo con Trump eil CEO di Alphabet Larry Page, il CEO di Microsoft Satya Nadella, il COO di Facebook Sheryl Sandberg, il CEO di Amazon CEO Jeff Bezos, il CEO di Oracle CEO Safra Catz e il CEO di Tesla CEO Elon Musk. “Non bisogna mai starsene in panchina a guardare – ha detto Cook – I governi possono intaccare la nostra abilità di fare quello che facciamo” spiegando poi che lo strumento per progredire su questioni fondamentali è “impegnarsi”.
Cook ha indicato aree di interesse di Apple che la politica sta cercando di cambiare come “la privacy, la sicurezza, l’istruzione”. Altre aree alle quali Apple presta attenzione sono “i diritti umani per chiunque”, con la volontà di estendere “la definizione stessa di diritti umani”. Non mancano i riferimenti all’ambiente, al combattere i cambiamenti climatici, “qualcosa che già facciamo nelle nostre strutture che al 100% utilizzano energie da fonti rinnovabili”.
“Anche la creazione di posti di lavoro” spiega Cook, “è naturalmente un elemento essenziale di quello che facciamo, offrendo opportunità non solo a quanti lavorano direttamente con Apple ma anche al gran numero di persone parte dell’ecosistema”. “Siamo orgogliosi di avere creato, solo in questa nazione, 2 milioni di posti di lavoro”. “Una grande percentuale di questi sono sviluppatori di app, opportunità che dà a chiunque la possibilità di offrire il proprio lavoro nel mondo, un’incredibile invenzione di per sé”.
Cook spiega che tra gli interessi di Apple vi sono altre cose più legate alle attività aziendali, come ad esempio la riforma tributaria, “qualcosa che da sempre sosteniamo: un sistema semplice”. “Vorremmo ancora una riforma sulle proprietà intellettuali per cercare di fermare le citazioni in giudizio di persone che non hanno nulla a che vedere con le aziende”.
“Ci sono una lunga serie di questioni da risolvere e per affrontarle bisogna essere coinvolti”. “Il modo migliore per influenzare le decisioni è stare nell’arena. Che si tratti di questa nazione, dell’Unione Europea, della Cina o del Sud America, ci facciamo coinvolgere”. “E ci diamo da fare sia quando siamo d’accordo, sia quando non siamo d’accordo. Penso sia molto importante farlo perché non si cambiano le cose lamentandosi e gridando. Si possono cambiare le cose dimostrando a tutti perché il tuo modo di pensare è migliore. Per molti versi è un approccio per la discussione di idee”. “Affrontiamo di petto quello in cui crediamo, riteniamo questo atteggiamento una parte chiave di ciò che rappresenta Apple e continueremo a farlo”.
L’incontro tra i manager top della Silicon Valley e il presidente USA è stato visto dai media come una sorta di apertura da aprte delle aziende hi-tech, molte delle quali apertamente ostili nei confronti del tycoon. “Siamo qui per voi, sono qui per aiutarvi a fare meglio; sono contento che ci sia stato un buon periodo di rialzi e spero che questa situazione possa continuare”, ha detto Trump aprendo la riunione che poi è continuata in segreto.
Non è chiaro di cosa si sia discusso in privato ma è probabile che gli argomenti siano stati la cifratura nelle comunicazioni, le politiche di chiusura al libero scambio, l’immigrazione e altri elementi che il miliardario vorrebbe cambiare, con opinioni e atteggiamenti molto criticati dai dirigenti delle aziende IT.