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Evento di lancio dei MacBook Pro e tanta delusione per chi pensava arrivasse anche un entry level, un nuovo MacBook Air o, per chi ha la memoria lunga, un iBook, il portatile bianco in policarbonato che ha “motorizzato” un’intera generazione di studenti e appassionati.
Invece niente, a parte gli ultimi “fondi di magazzino del MacBook Air, dopo un anno e mezzo senza aggiornamenti i portatili di Apple hanno subito sparato alto. E invece il MacBook 12 che ha schermo piccolo ma in realtà prezzo robusto a questo punto pare già vecchio sia per tipologia di tastiera che per generazione di chipset, con uscita unica USB-C ma prova di Thunderbolt 3 sotto.
Qual è la realtà, però? Da una serie di indizi si capisce che il pensiero di Apple e soprattutto del suo capo, TIm Cook, è che in realtà il vero entry level dei portatili Apple è l’iPad Pro, nelle sue due incarnazioni da 9,7 e 12 pollici. E perché no?
A ben guardare infatti non c’è solo un mero motivo di posizionamento di prezzo, che mette gli iPad alla base della piramide dei portatili di Apple. La filosofia di tutti gli iPad Pro è invece quella che cerca di mostrare, penna e tastiera in Kevlar alla mano, come I tablet di Apple siano più che adatti per un uso “leggero”, da portatile che fa poche cose (rispetto ad apparecchi tradizionali) ma molto bene.
E non è solo la disponibilità di app e la batteria portentosa: periferiche di input, cloud, allineamento dei programmi che permette una compatibilità dei flussi di lavoro (anche grazie a iOS 10) tra fisso portatile e tablet, rendono i “piccoli” di Apple qualcosa di molto più che non semplici strumenti per consumare contenti. Producono e modificano, senza imbarazzo.
Tim Cook lo aveva affermato alcuni mesi fa: lui in viaggio usa iPad Pro come strumento unico di lavoro e ricreazione. Certo, in ufficio di passa a ben altro Mac, però la strategia appare chiara. Gli entry level ci sono e lo avevamo tutti sotto gli occhi da un anno quasi.