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IBS, Mondadori e lo strano caso dello sbarco dell’ebook in Italia

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Ogni anno in Italia vengono pubblicati poco più di 59mila libri. In calo rispetto al 2008 ma sempre un numero assurdo. La verità però è che la maggior parte non conta quasi niente. Sono libri “vanity” (pagati dall’autore) oppure di limitatissima diffusione e uso. Cose che difficilmente catalogheremmo come “libro” (romanzo o saggio). Si tratta invece di altre pubblicazioni, alle volte estremamente pratiche, che diventano carta da macero. Oppure pubblicazioni per il settore scolastico. O magari per quello specializzato (leggi, norme, istruzioni per l’uso etc).

Fatto sta che così, statisticamente parlando, in libreria entra un libro nuovo ogni 7 minuti, l’80% non viene stampato in più di 500 copie (e non le vende) mentre due italiani su tre comprano meno di 4 libri l’anno. Oppure, peggio ancora, il 14% degli acquirenti esprime il 41% degli acquisti, pari a 235 milioni di copie (12% rispetto all’anno scorso) e di un giro di affari da 3,5 miliardi di euro in calo del 3%. Un mercato pazzesco, fra i peggiori d’Europa per la dannazione dei nostri editori. Che, messi di fronte alla nascita degli ebook, hanno deciso di reagire in maniera chiusa e corporativa. Vediamo perché. Oggi IBS, la libreria per la vendita online di volumi e altro, annuncia di voler entrare nel mercato degli ebook. Complice il Salone del libro di Torino, il “giorno zero” dell’ebook in Italia è giovedì prossimo, 13 maggio ore 16. In quel momento verrà ufficializzata il nuovo corso digitale, con l’aiuto di “qualche editore” non meglio identificato.

Più o meno nello stesso momento, qualche giorno fa, Maurizio Costa, amministratore delegato del primo gruppo editoriale italiano, cioè Mondadori, dichiara al Corriere della Sera: “C’è un mercato dell’ebook che negli USA si stima possa arrivare al 20% del totale in 4-5 anni. Insomma, il 2010 è l’anno della svolta e del darsi una bella mossa e chi lo farà avrà un bel vantaggio perché ci sarà la selezione della specie. Per questo contiamo di fare un’operazione di apertura di mercato: in ottobre sbarcheremo sul segmento degli ebook con 400 novità e 800 best-seller degli ultimi anni”.
 
Il mercato dunque c’è, ma gli editori (che da soli fanno il 50% del mercato) non lo praticano. Invece, 7 dei primi 10 libri più venduti in Italia si ritrovano in formato digitale sui circuiti della pirateria. E intanto, Zanichelli annuncia di portare su Kindle di Amazon alcune versioni “filologicamente correte” di classici italiani fuori copyright (Dante, Manzoni Boccaccio) mettendoli però a pagamento, mentre su Kindle si aspetta la “carica” di Sperling & Kupfer, Dante Alighieri (editoria scolastica), Lupetti, Guerini & Associati, Libreria Strategica, Armenia e altri.

Allora, un paio di chiarimenti. Innanzitutto su IBS, la prima entità per la vendita di libri in lingua italiana in Italia per corrispondenza (strano a dirsi, ma in Italia vende comunque di più la filiale inglese di Amazon, ma tant’è). L’azienda, il cui acronimo vuol dire  Internet Bookshop, è nata nel 1995 come joint venture di Internet Bookshop di Oxford e Messaggerie. Oggi IBS è gestito direttamente da Messaggerie, il gruppo bolognese guidato da Stefano Mauri e Luigi Spagnol, figli rispettivamente di Luciano Mauri e Mario Spagnol, due nomi storici quanto il vecchio Rizzoli o il vecchio Mondadori per l’editoria italiana.

Messaggerie è una holding che controlla tre attività diverse: distribuzione e commercio di libri, distribuzione di quotidiani e periodici, attività da editrice. In quest’ultimo settore, è interessante notare che attualmente sono di proprietà di Messaggerie gli editori responsabili del 25% della produzione libraria italiana, circa un terzo del settore più ampio, la varia (il gruppo nel complesso ha 800 dipendenti e fattura mezzo miliardo di euro l’anno). Sono del gruppo Messaggerie la Longanesi, Guanda, TEA, Corbaccio, Garzanti, Vallardi, Salani e Ponte alla Grazie, una quota di Superpocket, gli editori “piccoli” Chiare Lettere, Bollati Boringhieri, Fazi Editore, Casa Editrice Nord e altri come Giuseppe Laterza e Carocci editore.

Mondadori ha vicende più note al grande pubblico: la casa editrice di Segrate, parte del gruppo Fininvest, fattura 1,82 miliardi di euro, ha 3.925 dipendenti, 424 librerie, 50 società controllate e pubblica quasi tremila titoli per un totale di 53 milioni e mezzo di copie stampate. La sua quota di mercato è il 28,8%. Fanno parte del gruppo Einaudi, Piemme, Sperling & Kupfer. Ma dentro la pancia di Mondadori c’è anche Frassinelli, Le Monnier, Harlequin Italia, Mondolibri. Soprattutto, ha finito di ricomprare dal gruppo tedesco Bertelsmann il sito (valutato meno di 10 milioni di euro) BOL, che è in pratica l’alter ego di IBS.

Gli altri tre grandi gruppi editoriali italiani sono RCS (Rizzoli Corriere della Sera), con Bompiani, Fabbri, BUR, Sonzogno, Sansoni, La Nuova Italia, Marsilio, Adelphi (a metà), Skira e metà di Superpocket. Il gruppo Dada fornisce i servizi digitali; poi  c’è il Gruppo De Agostini, con interessi prevalentemente all’estero ma forte presenza anche grazie a Sedes, Utet e Atlas Group (più varie diversificazioni, come Mikado Film, Magnolia, il 55% di Lottomatica) e infine il gruppo Feltrinelli, con un sito di ecommerce (LaFeltrinelli.it) e un piccolo gruppo di case editrici (Apogeo, Kowalski, Eskimosa, Edizioni Gribaudo) oltre a una fortissima presenza nel settore della vendita diretta tramite la sua catena di librerie e soprattutto con il controllo di PDE (Promozione Distribuzione Editoria), il secondo gruppo distribuzione italiano con 5mila punti vendita. In passato Feltrinelli ha tentato, insieme al braccio digitale del gruppo L’Espresso, cioè Kataweb, di commercializzare i libri digitali su Zivago.com.

In questo panorama, l’arrivo del libro digitale non passa automaticamente tramite attori esterni, ma viene inglobato dentro le realtà esistenti o non passa proprio. Questo spiega il ritardo nell’apertura agli ebook: Amazon prima (che non è neanche presente in Italia, proprio per le resistenze degli editori nostrani, proprietari anche di buona parte della distribuzione) e Apple poi si scontrano contro le parrocchie dei soliti noti. Se negli USA il braccio di ferro che Amazon, Kindle, e adesso Barnes & Noble e Borders, fanno quotidianamente con le “major del libro”; cioè le grandi concentrazioni dell’editoria, in Italia lo scontro è sotterraneo, invisibile ma molto più micidiale.

Dall’osservazione esterna dei fatti, appare che i grandi editori italiani abbiano scelto la strada del cartello: si muovono insieme, le fughe in avanti sono minime e limitate, nessuno se la sente di rischiare in un mercato in cui si teme non ci sia spazio per grandi guadagni a fronte delle ingenti spese. Non bisogna dimenticare che il settore editoriale, senza la parte distributiva (che assorbe fino al 60% del costo di un libro, ed è il motivo per cui i grandi editori controllano anche molte distribuzioni e punti vendita), ha margini praticamente inesistenti e il rischio di passare al digitale è quello di distruggere il giocattolo che fa guadagnare qualche soldo, cioè proprio la stampa e distribuzione.

Cosa succederà lo vedremo fra breve. In Italia si è scritto più volte che Amazon fosse bloccata dal silenzio degli editori, che attendevano evidentemente una alternativa per poter negoziare al meglio con li gruppo americano. Apple ha offerto, se non altro sulla carta, questa sponda. La domanda adesso è se questo scontro porterà a qualche situazione di apertura (gli editori metteranno i propri libri su più piattaforme diverse, lasciando liberi i lettori di scegliere quella che preferiscono) o se tenteranno la strada di qualche piattaforma unica o preferenziale, magari la propria (software dedicati da installare su computer diversi, con DRM unici). Nella risposta a questa domanda c’è il futuro dell’editoria nostrana.

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