In una lunga intervista del Washington Post, il CEO di Apple Tim Cook parla di investimenti in nuovi settori e della questione elusione fiscale. Parlando dell’indagine della Commissione Europea sul caso Apple per il regime fiscale avvantaggiato in Irlanda, Cook spera che si tratterà di un procedimento equo e che l’azienda è ovviamente pronta a ricorrere in appello.
”È importante capire che le accuse dell’UE riguardano trattamenti di favore da parte dell’Irlanda. L’Irlanda nega. La struttura in questione è applicabile a chiunque, non è qualcosa che riguarda solo Apple. “E la controversia alla base di tutto questo è una sorta di tiro alla fune delle nazioni su come ripartire gli utili.
Parlando dell’altra spina nel fianco di Apple, i capitali all’estero, con un risposta più o meno indiretta anche alle polemiche recenti di Donald Trump, Cook spiega che la normativa fiscale consente loro di lasciare i capitali in Irlanda o riportarli in patria. Portarli in patria significa pagare il 35% in tasse federali e un’altra media del 5% nello stato di residenza.
Un totale del 40%, una percentuale considerata troppo elevata ed è per questo che l’azienda non avrebbe intenzione di fare nessuna mossa fino a quanto non sarà stabilito un tasso congruo. “È legale o non è legale farlo? È legale: è l’attuale normativa fiscale”. “Non è una questione di patriottismo o che quanto più paghi, tanto più ami il tuo paese”.
Cook ricorda che Apple è il maggiore contribuente USA; “non schiviamo le tasse; “Il nostro tasso marginale, il tasso effettivo che paghiamo è superiore al 30%. Siamo il più grande contribuente degli Stati Uniti, non siamo evasori.
Paghiamo la nostra parte e anche di più. Non sfruttiamo le scappatoie di cui parla qualcuno. L’unica detrazione fiscale che sfruttiamo a nostro vantaggio è il credito d’imposta che deriva dagli investimenti in ricerca e sviluppo, disponibili per tutte le aziende degli Stati Uniti”.