Per recuperare sul prezzo relativamente “basso” al quale è proposta la Model 3, Tesla deve in qualche modo recuperare il denaro in altri modi. I proprietari della nuova vettura Model 3, offerta con un prezzo di ingresso di 35.000 dollari, non potranno beneficiare della ricarica gratuita presso le stazioni Supercharger. Elon Musk, intervenuto ieri all’annuale assemblea degli azionisti, ha spiegato che l’azienda ha allo studio due soluzioni: il pagamento per le varie ricariche, o il pagamento una tantum che consente di usufruire a vita delle ricariche.
L’ipotesi di un pagamento extra per la ricarica delle Model 3 presso le colonnine era già nell’aria dopo la presentazione di due mesi fa, ma ieri il CEO è stato molto chiaro: “Le stazioni Supercharger gratuite hanno un costo e la cosa più ovvia è separare la loro gestione dalla Model 3”, spiegando che guidare questa vettura per lunghe distanze “sarà ancora molto economico, molto più della benzina” ma non sarà gratis e a vita, a meno di acquistare uno specifico pacchetto in fase di ordine. Musk ha spiegato che avrebbe voluto agire diversamente ma “l’economia” del progetto limiterebbe inevitabilmente le possibili alternative.
I Supercharger, ha spiegato ancora Musk, sono adatti per i viaggi ma non per le esigenze quotidiane. “La cosa migliore da fare è ricaricare una Tesla dove ricarichiamo lo smartphone. Lo portereste fare in una stazione di servizio? Guidare fino a un Supercharger per cinque dollari di elettricità, e impiegarci mezz’ora, non è la migliore soluzione”.
Musk ha poi spiegato che è allo studio la possibilità di triplicare la produzione della “Gigafactory 1”, impianto per la produzione di batterie agli ioni di litio che si trova nel deserto del Nevada che dovrebbe cominciare a produrre nuovi dispositivi entro la fine dell’anno. Dai 35 Gigawattora di celle e 50 di pacchi batterie previsti all’inizio, le linee potrebbero arrivare a “105 e 150 Gigawattora”, superando di tre volte l’attuale produzione. Per quanto riguarda la disponibilità del litio, Musk ritiene che i numeri di produzione, benché elevati, non dovrebbero mettere in crisi le risorse mondiali.