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A Piacenza una mostra di foto realizzate con iPhone ed Hipstamatic

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«Come quando fuori pioveva e tu mi domandavi, se per caso avevo ancora quella foto in cui tu sorridevi e non guardavi». Oggi questi versi della canzone Rimmel di De Gregori non avrebbero più molto senso: il digitale ha rivoluzionato la fotografia e la possibilità di riprovare fino a quando lo scatto non sarà perfetto ha messo in salvo dalla possibilità che il nostro soggetto non sia voltato nella direzione giusta. Eppure, resta il fascino delle foto “sbagliate”, magari un po’ sovraesposte e sgranate ma che colgono un momento e un’atmosfera irripetibile. Hipstamatic, app che trasforma l’iPhone in una macchina fotografica low cost anni ’80 permette proprio questo.

Oggi a Piacenza (in via Garibaldi 16 a) è stata inaugurata una mostra (resterà aperta sino al 19 aprile) che raccoglie le foto realizzate con questa da tecnica da Giulio Merli, trentenne originario della provincia di Pavia, che da semplice innamorato della fotografia è riuscito a vedere i propri scatti esposti  a Londra e pubblicati  sul Guardian e su GQ Italia. «Data la mia giovane età come fotografo – ci racconta Merli -, non conosco che l’”era digitale”. I mie scatti li pubblico su Flickr. Qualche anno fa, però, mi è nato l’interesse per l’analogico, tanto che ho allestito una camera oscura artigianale nella mia cantina e oggi sono fiero possessore e utilizzatore di almeno trenta toycam e macchine a pellicola».

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Di qui l’idea di Hipstamatic. «L’iPhonegrafia permette di fondere da un lato l’immediatezza e le comodità del digitale, dall’altro il gusto, il feeling e l’atmosfera delle piccole macchinette come Holga, Diana e Lomo Lc-a. Nella mia mostra di Piacenza ho voluto rimescolare ulteriormente le carte in tavola, proponendo una serie di immagini che solitamente sono fruibili solamente online, su un supporto veramente retrò come la tela. Devo ringraziare Massimilano Carraglia e la sua Fotofabbrica per il sostegno e la volontà di sostenermi in questo percorso».

Ma allora ad essere in mostra è un vero e proprio nuovo stile che nasce dall’incontro di questi due mondi, o, più semplicemente,  delle immagini create un nuovo processo? «Direi sicuramente le foto: sono loro le protagoniste – risponde Merli -.  Anche perché, infondo, non credo che si possa parlare di un nuovo registro stilistico. Credo che Hipstamatic sia solo uno strumento. Per cercare nuovi modi di espressione, ma anche per fare cronaca e informazione: c’è chi lo usa per fare reportage dall’Afghanistan».

Merli, dunque, non vede nessun conflitto tra questi due modi di concepire la fotografia: le protagoniste sono sempre e comunque le immagini. «Sicuramente l’avvento del digitale ha riacceso un grande interesse rispetto alla fotografia e ha portato indiscussi vantaggi di comodità e fruibilità dello strumento – spiega il fotografo -.  E’ anche vero che questa “democratizzazione” del mezzo ha anche portato ad una sovrapproduzione di immagini che ci circondano in ogni dove, quasi a soffocarci. Credo che comunque sia necessario affrontare la questione digitale-analogico con un approccio più legato alle immagini prodotte che al medium utilizzato per crearle. Personalmente ritengo che a partire dal dagherrotipo fino ad arrivare alle ultime macchine fotografiche 3d si possano facilmente individuare fotografie di grande impatto (che trasmettono un pensiero e un’emozione) come una grande quantità di immagini gradevoli, ma senza “anima”. In fondo sono convinto che le foto le faccia il fotografo e non la macchina».

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